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Isolotto Medioevale: Via del Palazzo dei Diavoli

Alla scoperta dei beni monumentali e culturali che caratterizzano una delle strade più antiche del Quartiere 4 di Firenze a cura di Leonardo Colicigno-Tarquini per IsolottoLegnaia.it

Dalla fermata tranviaria Batoni, nella piazza omonima, svoltiamo a destra sulla Via del Palazzo dei Diavoli.

Anticamente questa strada poderale era conosciuta come«Via della Querce», dall’omonima villa dei Mannelli. Nel Settecento la strada fu rinominata«Via di Mezzo», mentre nel secolo seguente essa fu incorporata nell’odierna Via Bronzino. Fu solamente negli anni Trenta del secolo scorso che la via assunse l’attuale denominazione, in relazione all’omonimo palagio medioevale. 

Uno scorcio della Via del Palazzo dei Diavoli (Foto Wikipedia).
Uno scorcio della Via del Palazzo dei Diavoli (Foto Wikipedia).

Il cosiddetto Palazzo dei Diavoli, un massiccio fortilizio in arenaria, venne costruito tra i secoli XIII e XIV dagli Alberti e rimasto di loro proprietà fino al tardo XVI secolo.

Circa l’origine del suo bizzarro, secondo l’interpretazione proposta da Bargellini, nome sono state formulate due ipotesi: la prima collegata all’aspetto severo della«nuda muraglia». Per Beatrice Rossi, la facciata del palagio degli Alberti ricorda quella di «una casa finita in fretta» (per ulteriori approfondimenti vedi l’articolo del 2016).

Inoltre, non dimentichiamoci che il palagio degli Alberti sorgeva in un’area malsana e poco sicura, lontana dalle più importanti arterie della Firenze medioevale. Tutte queste caratteristiche devono aver sicuramente alimentato l’aura di mistero che aleggiava intorno al maniero fiorentino.

La secondo ipotesi, invece, ha a che fare con la sfera prettamente politica dei proprietari dell’immobile storico: gli Alberti, infatti, erano Ghibellini, in contrasto quindi con la politica papale.

Palazzo dei Diavoli (XIII-XIV sec., foto propria).
Palazzo dei Diavoli (secoli XIII-XIV, foto propria).

Altre fonti raccontano di riti satanici organizzati dai padroni di casa. Per esorcizzare la zona, proseguono tali fonti, gli abitanti avrebbero eretto tra le vie del Palazzo dei Diavoli e dei Mortuli un tabernacolo (affrescato dal cosiddetto Maestro di Signa intorno alla metà del XV secolo), tabernacolo smantellato all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso. Gli affreschi del Maestro di Signa sono oggi conservati in un altro tabernacolo, quest’ultimo situato nei pressi della villa dei Mannelli.

Tornando al Palazzo dei Diavoli, nella prima metà del XIX secolo, dopo vari passaggi di proprietà, esso pervenne ai Franceschi (proprietari dell’omonima villa scandiccese) e venne da questi ridotto a casa colonica. Inoltre, alcune dicerie locali, tramandano che la fortezza degli Alberti sia stata la residenza del grande artista Bronzino.

Il Palagio o Le Corti (XIV-XVI sec., Foto propria)
«Il Palagio», «Le Corti» o ancora Palazzo Gucci-Tolomei (secoli XIV-XVII, foto propria)

Nei pressi dell’ex fortilizio degli Alberti, sorge un altro antico edificio: il monumentale «Palagio», conosciuto altresì come «Le Corti» o Palazzo Gucci-Tolomei, palazzo costruito all’inizio del XIV secolo dai Sapiti.

Circa l’origine di quest’ultimo nomignolo, secondo alcuni studiosi, è probabile che la planimetria del Palagio primo-trecentesco fosse quella di una «casa da signore», ovvero un edificio caratterizzato da una cinta muraria, che fungeva da muro di contenimento in cui entravano la casa e il giardino, e nonostante la presenza di elementi tipici dell’edilizia militaresca, le case da signore non erano adibite a scopi militari.

Il Palagio o Le Corti, finestra inginocchiata (Foto propria).
Il Palagio o Le Corti, finestra inginocchiata (Foto propria).

Nel Cinquecento il Palagio passò dai Sapiti ai Ruspoli, ai quali si devono le belle finestre inginocchiate di gusto manierista. Ulteriori lavori furono promossi dai Gucci-Tolomei che entrarono in possesso dell’edificio nel 1648.

All’inizio del Novecento, ci informa Carocci, il palazzo venne frazionato in quartieri d’affitto.

 

Stemma dei Mannelli sopra il portone d'ingresso della Villa La Querce (Foto propria).
Stemma dei Mannelli sopra il portone d’ingresso della Villa La Querce (Foto propria).

A pochi passi dal massiccio Palazzo Gucci-Tolomei, si apre l’ingresso della bella Villa La Querce, anch’essa nata nel Trecento come«casa da signore» dei Mannelli (come si deduce dallo stemma gentilizio in pietra sopra al portale d’ingresso) e ristrutturata a partire dal XVI secolo.

Di fronte alla villa sorge il già citato Oratorio di Santa Maria della Querce o più semplicemente«Madonna della Querce»: costruita dai Mannelli negli anni 1460 e restaurata dagli Antinori, la cappella fu la prima chiesa dell’Isolotto ed è ancora oggi adibita al culto.

Architetto fiorentino, Oratorio della Madonna della Querce (anni 1460, Foto propria).
Architetto fiorentino, Oratorio della Madonna della Querce (anni 1460, foto propria).

A pianta ottagonale, voltato a cupola e riprendente schemi brunelleschiani, l’oratorio è preceduto da un portico, tamponato nel XVII secolo. Sopra la porta che immette nella cappella, possiamo contemplare una bella lunetta di imitazione  in sostituzione di una di Giovanni della Robbia (venduta all’inizio del secolo scorso) e, all’interno dell’edificio vero e proprio, degli interessanti affreschi riproducenti la Natività e la cavalcata dei Magi, San Cristoforo e l’Annunciazione con un santo (forse San Giuliano) eseguiti da Paolo di Stefano Badaloni, meglio conosciuto come Paolo Schiavo, importante pittore del Quattrocento fiorentino, la cui formazione è collocabile nell’ambito del gotico internazionale fra Lorenzo Monaco ed il portoghese Álvaro Pires de Évora.

Dello stesso Paolo Schiavo sono gli Evangelisti, affrescati nei peducci della cupola, la bella tavola con l’Assunzione della Vergine (firmata e datata Paolo di Stefano, 1460) e altri affreschi riproducenti alcuni Santi.

 

Paolo Schiavo (Paolo di Stefano Badaloni), Assunzione della Vergine, 1460 (Foto propria).
Paolo Schiavo (Paolo di Stefano Badaloni), Assunzione della Vergine, 1460 (Foto propria).

 

L’atmosfera che si respira è quella di un mondo coloratissimo,  fiabesco quasi disneyano: tra il tardo XIV e la prima metà del XV secolo, infatti, nelle principali corti europee, l’Arte svolse il ruolo di compensazione” fantastica attraverso l’evocazione di un mondo aristocratico e perfetto.

 

Principali fonti bibliografiche:

G. CAROCCI, I dintorni di Firenze, 2 voll., Roma, Società Multigrafica Editrice, 1968 (ediz. or. Firenze 1906/1907);

I dintorni di Firenze. Arte, Storia e Paesaggio, a cura di A. Conti, Firenze, La Casa Usher Editrice, 1983.

 

Leonardo Colicigno Tarquini

 

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Leonardo Colicigno Tarquini

Leonardo Colicigno Tarquini (nome d'arte di Leonardo Colicigno) si è laureato con lode discutendo una tesi in storia dell'arte coi professori Tigler e Cervini, tesi da cui è stato tratto un articolo pubblicato negli atti del IX Convegno di Studi Medievali curato dall'associazione NUME-Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino di Firenze nel 2023. È affascinato sia dal Medioevo autentico, che da quello di reinvenzione. Nel 2018-2019, insieme ad alcune associazioni culturali fiorentine e scandiccesi, ha preso parte al progetto "Scandicci Open Villas", partecipando attivamente alla stesura di brevi schede storico-artistiche dedicate ai principali beni culturali di Scandicci, all'organizzazione di visite guidate agli edifici storici del sopracitato Comune e alla produzione di un docufilm sulla Pieve di San Giuliano a Settimo (regia di V. Zappia, 2019).

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