San Giusto, l’antico tabernacolo di Via del Roncolino
Un pregevole bassorilievo raffigurante la Madonna il Bambino conservato in un tabernacolo tra Firenze e Scandicci: un affascinante viaggio tra Fede, Arte e Storia Locale con Leonardo Colicigno Tarquini per isolottoLegnaia.it
Da Via di Ponte a Greve, volgendo a sinistra della chiesa di San Giusto a Signano, e poi di nuovo a sinistra in Via del Ronco Lungo, si raggiunge Via del Roncolino, lungo il confine fra i comuni di Scandicci e Firenze.
Il toponimo “Ronco” (in volgare «Roncho», forse una strada senza sfondo, per ulteriori approfondimenti sulla questione leggi il seguente l’articolo: Le sette vie antiche tra Ponte a Greve e San Quirico) che ha inciso profondamente sulla toponomastica della zona, fa la sua comparsa nei documenti ufficiali intorno al 1340, quando questa località era occupata da un podere (passato nel XVIII secolo ai Galli-Tassi), una curia, un forno e un pozzo. Un cartografo del Settecento, tal Gabbrielli, in una mappa oggi conservata nell’Archivio di Stato di Firenze, oltre al podere dei Galli-Tassi, ha riprodotto il corso dei fossi e le varie strade di campagna che, incrociandosi ad angolo retto, davano origine a piccoli appezzamenti di terreno rettangolari.
Consultando un’altra mappa, disegnata da Piero di Gentile Diligenzi (o Diligenti, tardo XVI secolo), si viene a sapere che sulla strada indicata dal cartografo con la lettera «G» (odierna Via del Roncolino) si affacciavano alcuni antichi edifici (come il «palagio» di un certo Giovanni Cattani) e due tabernacoli; queste strutture furono demolite tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Il primo tabernacolo, decorato con una Madonna in trono e chiamato dal Diligenzi «Maestà delle monache di S.to Donato» o «di Matteo d’Androne» (dal nome del proprietario terriero), era posto al confine fra i popoli di San Giusto a Signano e San Quirico a Legnaia ed esso si trovava in corrispondenza di un trivio (fig. 1), fra i beni dello stesso Matteo d’Androne, di «Nicolò Bartolini», «Jachopo Mannucci» e delle «monache San Matheo (forse di Arcetri) e di Monticelli» e dei frati di Santa Maria Novella, questi ultimi proprietari di una casa colonica, ristrutturata nel XVIII secolo. Il secondo tabernacolo, detto «Maestà de’ Sini» o «di Madonna Pagnia», si trovava fra la Via di Ponte a Greve e una strada (scomparsa nel Settecento) che conduceva in Via del Roncolino.
Lungo il muro della casa colonica dei domenicani di Santa Maria Novella, dalla parte di Firenze, si incontra un tabernacolo, di foggia settecentesca con cornice e capitelli in pietra serena, all’interno del quale è stato murato un interessante frammento di una cuspide marmorea, riproducente una Madonna a mezzo busto con un Bambin Gesù che si aggrappa alla veste della madre, databile molto probabilmente al secondo Trecento (fig. 2). Un gesto umanissimo, quello di Gesù Bambino, che conferisce una certa vivacità alla ieraticità della scena.
Lo sfondo, sul quale si staglia l’opera, è stato dipinto in epoca moderna con un azzurro chiaro, volendo simulare l’azzurro del cielo; completano la descrizione del tabernacolo alcuni angioletti, anch’essi di fattura moderna (fig. 3).
L’opera, in condizioni conservative discrete, faceva sicuramente parte di una composizione molto più complessa, oggi scomparsa. Purtroppo ignoriamo sia il committente, sia lo scultore ed esigua è la fortuna critica del bassorilievo in questione: esso venne scoperto all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso da Alessandro Conti che lo attribuì ad un ignoto scultore trecentesco.
Il bassorilievo ricompare in una guida sui tabernacoli del Quartiere 4 di Firenze, curata da Manuela Poggini e Massimo Landucci ed edita nel 1995: costoro avevano attribuito l’opera ad un anonimo artigiano fiorentino del XVIII secolo, il quale, proseguono gli studiosi, avrebbe scolpito il bassorilievo della Madonna col Bambino in sostituzione di una formella più antica, opera quest’ultima, di un artista affine al Brunelleschi scultore.
Chi scrive invece condivide l’ipotesi formulata da Conti, alla quale vorrebbe aggiungere una glossa. La forma del rilievo è quella tipica della sezione centrale di un baldacchino e tali formelle decoravano sia i monumenti sepolcrali, sia i tabernacoli stradali e spesso queste strutture erano anche affrescate; è quindi probabile che questo frammento decorasse la cornice marmorea dell’antico tabernacolo di Matteo d’Androne. Si potrebbe ipotizzare che qualche sconosciuta anima pia, dopo la demolizione del medesimo, avesse murato il frammento nel tabernacolo della casa colonica dei frati domenicani, salvandolo dall’oblio.
Per la realizzazione della formella l’anonimo Maestro della Madonna col Bambino di Via del Roncolino deve aver preso come modello, presumibilmente, la mezza figura della Madonna col Bambino (la cosiddetta Madonna del Solletico, fig. 4), scultura proveniente dalla lunetta del lato Nord del secondo ordine del campanile di Santa Maria del Fiore e oggi conservata presso il Museo dell’Opera del Duomo.
Il soggetto della formella del museo fiorentino presenta l’insolita iconografia della Vergine che solletica Gesù Bambino, che, sorridendo, si dimena tra le braccia della madre e, teneramente, le tocca il braccio con le sue manine.
La Madonna del solletico, databile al 1340, porta la firma di Andrea Pisano, uno dei personaggi più importanti del panorama artistico della Firenze del primo Trecento.
Dopo la morte di Arnolfo di Cambio, la scultura fiorentina non aveva espresso personalità di rilievo: all’inizio degli anni 1320 la città aveva ospitato il senese Tino di Camaino (allievo dell’illustre Giovanni Pisano) e nella città gigliata lo scultore senese eseguì i monumenti funebri (oggi in parte smembrati) di Antonio d’Orso (nel duomo) e di Gastone della Torre (nel Museo di Santa Croce), la Carità del Museo Bardini, la Fede e la Speranza del Museo dell’Opera del Duomo.
Originario di Pontedera, figlio del notaio Ugolino, Andrea Pisano si formò probabilmente a Pisa, nelle botteghe di quegli orafi e scultori influenzati dallo stile di Giovanni Pisano. Le sole opere certe di Andrea sono i rilievi della porta bronzea del Battistero fiorentino (1330, opera completata nel 1336, porta collocata sul lato Sud dell’edificio) ove si riconoscono influssi della plastica gotica d’oltralpe, di Giotto e persino di Simone Martini.
Nel 1337, dopo la morte di Giotto, egli ebbe la direzione dei lavori del Campanile di Santa Maria del Fiore. Ad Andrea e ai suoi collaboratori si devono inoltre alcuni rilievi dell’ordine inferiore dello stesso Campanile, la cui spazialità risente delle novità introdotte da Giotto, la stessa Madonna del solletico e altre statue. Nel 1342 Andrea Pisano sarebbe stato allontanato dal cantiere del Campanile di Giotto a causa d’«un lavorìo che mosse vano», secondo la testimonianza di Antonio Pucci.
Dal 1347 al 1348/49 l’artista ricoprì la carica di capomastro del duomo di Orvieto. I figli Nino e Tommaso e il nipote Andrea di Nino seguirono le sue orme.
Tornando alla Madonna del solletico di Andrea Pisano, essa attirò l’attenzione di molti committenti e artisti: da tale prototipo derivano, oltre alla formella di Via del Roncolino, sia un frammento riproducente la Vergine che solletica il Bambino (fig. 5), forse proveniente da un monumento sepolcrale attribuito a Gino Micheli da Castello (attivo a Firenze nella prima metà del XIV secolo, costui sarebbe stato allievo di Tino di Camaino e collaboratore di Andrea Pisano) databile anch’esso al 1340 e oggi conservato nel Museo di Santa Croce, sia l’esemplare della Compagnia del Bigallo sulla lunetta della porta affacciata su Piazza Duomo scolpita dal lombardo Alberto Arnoldi (fig. 6, la cui relazione con le tre statue della Madonna col Bambino e dei due angeli nell’oratorio all’interno della Loggia del Bigallo, scolpite dello stesso Arnoldi, post 1352, non è condivisa da molti studiosi). Un rilievo simile si trova anche nell’andito che dal Chiostro Verde conduce al Chiostrino dei Morti nel convento di Santa Maria Novella.
Come precedentemente specificato, la cuspide marmorea con la Madonna col Bambino faceva parte della decorazione (marmorea) del tabernacolo di Matteo d’Androne. Oltre al valore prettamente artistico, i tabernacoli venivano eretti non solo per delimitare i confini (tant’è che in certe località la parola Maestà, ovvero la Madonna col Bambino in trono circondata da Angeli e Santi, ha assunto un significato prettamente topografico), ma anche per tenere lontani gli spiriti maligni; si parla infatti di valenza apotropaica, un po’ come accadeva in epoca romana quando si affidava la tutela di poderi e pietre miliari al dio Termine.
Firenze è da sempre devota alla Madonna e per questo molti tabernacoli dell’hinterland fiorentino presentano dei soggetti mariani: quando un pellegrino si imbatteva in un tabernacolo, egli s’inginocchiava dinanzi ad esso e recitava una preghiera, quasi sempre un’Ave Maria; e a proposito di questa meravigliosa preghiera il beato Alano della Rupe (XV secolo) scrisse che quando si recita l’Ave Maria, «Satana fugge e trema l’Inferno».
In attesa di riprendere le ricerche, si può concludere che il bassorilievo del tabernacolo di Via del Roncolino, certamente, non ha quelle caratteristiche di perfezione della Madonna del solletico di Andrea Pisano, un’opera che ha un piglio da “arte cittadina”; la nostra è invece un’opera molto più tarda (del secondo Trecento come precedentemente specificato) e dal “sapore” provinciale. Eppure la lezione di Andrea Pisano e della sua scuola è riuscita a raggiungere anche questa parte di Firenze, caratterizzata da un’economia sostanzialmente agricola.
A volte, anche la periferia nasconde dei piccolo-grandi tesori, come il nostro bassorilievo, che meriterebbero di essere custoditi e valorizzati.
Bibliografia:
G. KREYTENBERG, Alberto Arnoldi e i rilievi della Loggia del Bigallo a Firenze, “Prospettiva”, XI (Ottobre 1977), pp. 27-33;
I dintorni di Firenze. Arte, Storia, Paesaggio, a cura di A. Conti, Firenze, La Casa Usher, 1983;
G. KREYTENBERG, Andrea Pisano und die toskanische Skulptur des 14. Jahrhunderts, München, Bruckmann, 1984;
Tabernacoli nel Quartiere 4, a cura di M. Poggini e M. Landucci, Firenze, Comune di Firenze- Quartiere 4, Atelier 900 Associazione, 1995;
F. FIASCHI, Le strade di Scandicci nel Cinquecento. Dall’Arno al crinale collinare, in Archeologia a Scandicci, a cura del Gruppo Archeologico Scandiccese, 4 voll., Firenze, CD&V Editore, 2009, vol. IV.
Leonardo Colicigno Tarquini