Il primo motore a scoppio della storia in via della Fonderia
Il primo motore a scoppio della storia fu costruito alle Fonderie Pignone nel 1856 proprio nel nostro quartiere
Contrariamente a quanto riporta la vulgata popolare, l’invenzione non fu tedesca, ma di due ingegneri toscani: Eugenio Barsanti e Felice Matteucci
Pochi lo sanno, ma il primo motore a scoppio della storia fu costruito al Pignone, precisamente in via della Fonderia, nel 1856. Che non a caso si chiama via della Fonderia: perché qui stava, appunto la fonderia del Pignone, prima grande insutria moderna di Firenze. Quella che oggi è la Nuova Pignone, la qualeabbisognando di spazi molti più grandi, si è trasferita a Novoli. Questa zona era nell’800 in piena rivoluzione industriale. La città medievale delle mura lasciavano il passo alle più moderne novità tecnologiche, e questo quartiere era un po’ la Silicon Valley dei tempi: numerose ne sono le testimonianze ancora in piedi. La più nota e meglio conservata è certamente il gasometro.
Ma l’innovazione tecnologica che per sempre avrebbe indelebilmente segnato l’epoca contemporanea fu proprio il motore a scoppio, che così tanto ha rivoluzionato le nostre vite. Dalla locomozione alle industrie, sostanzialmente tutto negli ultimi cento anni è stato rivoluzionato da questa invenzione. Automobili, camion, motorini, navi, aerei, ma anche generatori di corrente elettrica, macchinari industriali dipendono da quest’invenzione, che è rimasta sostanzialmente immutata nel tempo. Certo si è evoluta, migliorata infinitamente a livello ingegneristico; ma il concetto di base rimane proprio quello che fu costruito al Pignone.
E tutto questo per merito di due ingegneri toscani: Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, che depositarono il loro brevetto nel 1853 all’Accademia dei Georgofili. Non ce ne vogliano i tedeschi, ma il loro Nikolaus Otto, cui nella vulgata si attribuisce il merito dell’invenzione, il proprio motore a scoppio lo costruì solo nel 1867 e il brevetto lo registrò adirittura nel 1886. Dopo i fochi, come si direbbe a Firenze, arrivò anche il francese Jean Etienne Lenoir, che al motore ci arrivò nel 1860. Ed era decisamente peggiore di quello toscano, perché non utilizzava la spinta di ritorno. Ma che i Toscani siano sempre un passo avanti, con buona invidia degli stranieri, si sa.
Barsanti, invero non era solo un ingegnere, era anche (e innanzitutto) un sacerdote. Matteucci invece, oltre che ingegnere, fu anche giurista, diplomatico e persino Ministro della Giustizia del Ducato di Lucca, ma fu con il suo avvicinamento, per motivi familiari, al Granducato di Toscana che ebbe la possibilità di dedicarsi anche all’ingegneria. Due personaggi eclettici, di grande cultura e con menti multidisciplinari: i requisiti base dei grandi inventori che sanno andare oltre ai paletti delle singole discipline. E infatti fu un successo. Nel 1856 (alcune fonti riportano però il 1860), nei laboratori di via della Fonderia 51, i due scienziati riuscirono a mettere in funzione il primo motore a combustione interna della storia.
Non solo: a Firenze si ebbe anche la sua prima applicazione pratica. Il motore a scoppio di Barsanti e Matteucci fu infatti applicato a un trapano delle officine ferroviare della stazione di santa Maria Novella (ai tempi si chiamava stazione di Maria Antonia).
Infine un’ultima cosa che pochi sanno: il motore di Barsani e Matteucci, non funzionava a benzina, ma con una miscela di aria e idrogeno. Poi si preferì l’ultilizzo del petrolio. Ma questa possibilità si è cominciata a riscoprire (e riapplicare) solo oggi a oltre un secolo e mezzo di distanza. Pensate quali progressi poteva aver fatto il motore a idrogeno seguendo l’intuito dei due illustri toscani che costruirono quel motore al Pignone…
Ma dove fu costruito il primo motore a scoppio della storia precisamente? La memoria si è persa, difficile rintracciare la stanza precisa; anche se alcuni abitanti e artigiani di zona ci hanno detto che il laboratorio si trovasse all’attuale civico di via della Fonderia 51, in realtà con quasi certezza il laboratorio era sul lungarno, dalla parte opposta della strada. Infatti come riporta il signor Carlo Alberto Manetti, Pignonese doc, lì si trovava il corpo principale della fabbrica, oggi abbattuto per fare spazio ai giardinetti, mentre quelli al 51 erano soltanto magazzini. Lo ringraziamo per la vecchia fotografia fattaci pervenire, che trovate qui in galleria.