Nuova raccolta dei rifiuti porta a porta nel quartiere 4, che calvario. Da sei giorni il bidone della carta giace in attesa di essere svuotato fuori dal portone, nonostante le ripetute segnalazioni. Stesso copione, da quattro giorni, l’indifferenziato. Perché se le intenzioni annunciate erano delle migliori, per una città più ecologica e più pulita, c’era da aspettarselo, la realtà è ben diversa e tutti i disagi ricadono sul cittadino.
Non basta tenersi in casa tre bidoni belli grossi e un sacco della plastica ancor più grande. Non basta se fai il pesce il lunedì, dovertelo tenere in casa fino a venerdì a putrefare. Non bastano i cumuli dei bidoni davanti ai condomini, a ingombrare gli stretti marciapiedi e fare da barriera architettonica. Non basta doversi riportare in casa e sanificare minuziosamente ogni giorno a suon di varichina un cestino lasciato alla mercé di chiunque ti ci possa aggiungere passando a suo piacimento i propri rifiuti in tempi di pandemia, alle volte pure lordato dall’urina di cane. Se tutto questo funzionasse, forse il boccone da buttare giù sarebbe meno amaro. Invece no. La beffa è che non funziona. Capita pure che non vengano svuotati. E lì comincia la vera tragedia. Segnali, chiami, scrivi, ma il tuo bidone ancora pieno rimane lì, per giorni e giorni.
Martedì mattina, giorno di ritiro della carta. Così, correttamente, lunedì 20 settembre sera espongo il mio contenitore giallo davanti al portone. L’indomani, nulla. Attendo fiducioso tutta la mattina. Oltre al mio, altri tre contenitori di altrettanti vicini. Alle 18 chiamo Alia per segnalare il disservizio. Prendono la segnalazione dicendomi che non devo spostare il bidone né conferire per conto mio a un cassonetto, di lasciarlo dove si trova, correttamente esposto davanti al portone: entro la mattina successiva avrebbero ritirato, massimo per le 8,30.
Mercoledì, ore 10,30, ancora nulla. Richiamo il call center. Mi dicono che sicuramente c’era stato un malinteso con l’operatrice del giorno prima, perché per fare segnalazione di mancato recupero occorreva aspettare il mercoledì, dal momento che avrebbero avuto tutto il martedì per effettuare il ritiro, quindi il disservizio scattava da quel momento. Bene. Effettuo la segnalazione ex novo, fiducioso che ora il problema fosse in via di risoluzione.
Giovedì, ore 14, niente. Il cassonetto giallo è ancora lì pieno davanti al portone. A fargli compagnia, anche quello grigio dell’indifferenziato, del quale però stando a quanto dettomi due giorni prima, non potevo ancora lamentare il mancato ritiro fino all’indomani. Nuova telefonata ad Alia, nuova segnalazione, dove scopro pure che a loro risulta ritirata. Anche stavolta vengo rassicurato che entro l’indomani sarebbero passati a svuotare il mio bidone.
Venerdì, ore 13. Ancora il bidone della carta è lì pieno, e, come c’era da aspettarsi, pure quello dell’indifferenziato, con tutto il suo contenuto a putrefare sotto il caldo sole settembrino. Quelli dei vicini, invece, erano spariti. Preso più che dalla rabbia, dall’incredulità e dallo sconforto, chiamo per l’ennesima volta. A questo punto decido di farmi dare anche l’indirizzo pec, che l’operatrice mi fornisce sbagliato, per cui poi mi accorgerò che la raccomandata virtuale è tornata indietro.
Sabato pomeriggio ancora nessun ritiro, ma verificando sul sito internet vedo che il servizio di assistenza telefonica non è attivo fino al lunedì. Passa tutto il sabato e tutta la domenica, carta e indifferenziato rimangono lì. Lunedì mattina ancora nessun ritiro. La carta marcisce sotto alla bomba d’acqua di domenica e l’indifferenziato intanto, ormai in piena fermentazione, produce odori pestilenziali con buona pace del vicinato; tuttavia non posso caricare il tutto in macchina e portarlo a dei cassonetti perché mi è stato detto di lasciarlo lì per il recupero straordinario.
Il caso di questi due cassonetti che rimangono lì, senza poterci fare niente, raccoglie sottobanco la solidarietà del vicinato. Guai a parlar male pubblicamente del porta a porta, sennò siamo i nemici dell’ambientalismo. Ma in confidenza vengo fermato da questo e da quel vicino che ha avuto lo stesso problema, non risolto o risolto a stento. Ma poi ne restano mille, parafrasando il tormentone estivo di Orietta Berti: chi si vede svuotare i bidoni al volo con cartacce, incarti di mozzarelle, fazzoletti bucce di banana e lische di pesce che svolazzano fuori, senza che l’operatore le recuperi. Chi sta in quaranta metri quadri e tutti quei cassonetti non sa proprio dove metterli. Chi si trova l’immondizia altrui a marcire davanti alla finestra del pianterreno. E via e via.
Mi sento impotente di fronte alla grande macchina burocratica, ma soprattutto scopro di aver avuto ragione nella diffidenza che mi pervase a inizio estate, quando sì annunciò la grande innovazione del porta a porta. Allo sbandierato proclamo di transizione ecologica, ebbi la gattopardiana e preveggente consapevolezza che non sarebbe cambiato granché, anzi si sarebbe scaricato il problema del pubblico servizio sul cittadino.
Stavolta dall’altra parte della cronaca,
il direttore,
Carlo Casini