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Poderaccio, baracche in fiamme: la mai risolta situazione dietro l’Argingrosso

L'incendio è partito dai ripari di fortuna dei senza fissa dimora. Una terra senza leggi rifugio degli ultimi, tra rifiuti e illegalità

Un’alta e densa colonna di fumo visibile da tutto il quartiere e dalle colline ieri si alzata da dietro l’Argingrosso: è l’ennesimo rogo di quelle campagne disgraziate strette tra l’Arno e la Greve, nella terra di nessuno intorno al Poderaccio.

Ne abbiamo scritto e riscritto per anni: il campo nomadi fu smantellato nel 2020 con gran proclamo istituzionale, ma situazioni di marginalità, abusivismo, illegalità non se ne sono affatto andate. Qui continuano a sbucare da ogni sterpaglia baracche di lamiere e materiali precari e ciò che germoglia in questi campi non sono più i cavoli come un tempo, ma il traffico illecito di rifiuti. Rifiuti anche pericolosissimi: si vedono sbucare eternit, scarti industriali, inquietanti sacchi neri dai misteriosi contenuti, materiali di risulta, mobilio sfasciato, pezzi di automobile, batterie: ogni cosa possa essere una bomba ecologica qui c’è. E in quelle baracche ci abitano persone: sono stranieri senza fissa dimora, che si ritrovano a vivere tra topi, insetti, montagne di rifiuti pericolosi. L’incendio, stavolta non è partito da uno dei tanti roghi di rifiuti, ma da una di quelle baracche fuori da ogni regola,  prima ancora che edilizia, di civiltà, di carità. Perché tutti sanno ciò che qui succede, ma nessuno interviene.

Solo grazie all’intervento dei vigili del fuoco non si è esteso alle montagne di rifiuti, alla vegetazione, al centro cinofilo, alla fattoria didattica L’Altroasilo, dove i bambini vengono cresciuti in un’oasi di pace nel rispetto della natura, escono dal cancello e vedono tutto questo. Sul luogo anche la polizia municipale.

Fortunatamente nessuna persona è rimasta coinvolta, ma il rogo era annunciato, prevedibile. La campagna disgraziata tra l’Argingrosso e la Greve è al centro del progetto di riqualificazione del parco Florentia, che però procede a rilento in questo parte: eppure già quattro anni fa si annunciava come imminente. Qualcosa è stato fatto nell’area del già esistente parco dell’Argingrosso, poco o nulla qui intorno all’ex campo nomadi. Eppure ciclicamente si rilancia: ri-annuncio nel 2022, reso credibile da rendering futuristici e anglicismi che danno spessore.  Alia si fa in quattro a levare i rifiuti, dalla strada, lentamente la situazione sulla pubblica via è pure migliorata, anche se è come svuotare il mare con un cucchiaino, nonostante il proclamo dell’ex sindaco Nardella del 2023.

Il rogo è stato spento grazie all'intervento dei vigili del fuoco
Il rogo è stato spento grazie all’intervento dei vigili del fuoco

Che poi quel terreno tra via del Poderaccio e via dell’Argingrosso non è mica l’unico ad essere stato occupato da capanni dove si rifugiano gli ultimi. La bidonville fiorentina si estende anche intorno al viadotto dell’Indiano, sotto e nel sentiero oltre questo.

Niente di nuovo sul fronte occidentale, è proprio il caso di dirlo: questo estremo lembo di periferia ovest da sempre è stato il rifugio di chi non vuol farsi vedere dalla città o la città non vuol vedere. Già lo denunciavamo in un articolo sul tema nel 2022, ripercorrendo la storia di questa terra non a caso chiamata Sardigna (leggi l’articolo Argingrosso tra baraccopoli e discariche, la ‘Sardigna’ ancora terra di nessuno). Ai tempi la questione fu portata in aula dall’allora consigliere Antonio Montelatici (fu gruppo Centro), ma in momenti diversi il tema è stato proposto da tutto l’arco dell’opposizione: da quando l’onorevole Gasparri di Forza Italia fu scacciato da qui da un incendio appiccato apposta tra i rifiuti (e spento con i soldi dei contribuenti), alle prime denunce del permanere di una situazione di illegalità post-campo nomadi targato Fratelli d’Italia a firma Francesco Torselli e Alessandro Draghi, fino alla denuncia con tanto di foto dei cumuli di rifiuti in questo preciso punto dove ieri si è sviluppato l’incendio nel 2023 da Federico Bussolin, Davide Bisconti e Federico Bonriposi della Lega.

Nuova consiliatura, nuove energie per la battaglia; stavolta ad andare alla carica è il consigliere Paolo Bambagioni della lista civica Schimdt, che, poche ore prima del rogo, aveva detto in maniera quasi profetica (ma non troppo visto la notorietà di questa bomba ecologico-sociale a all’ombra del Ponte all’Indiano):

«Non ci possono essere aree senza legge, che sfuggono al controllo delle Istituzioni e alla rete sociale. Voglio portare all’attenzione del Consiglio e della Giunta che si è formata una vera e propria baraccopoli sotto il Ponte all’Indiano e la giunta deve saper intervenire. Una situazione precaria, insicura e degradata, foriera di altra illegalità. È opportuno intervenire e trovare una soluzione. L’amministrazione cittadina non deve far finta di nulla: deve dimostrare di essere presente ovunque, aiutando chi ha bisogno e tutelando decoro e sicurezza. L’assessore ha risposto che bisognerebbe intervenire, ma una giunta si caratterizza per ciò che sa fare. Occorre capacità di governo e massima tempestività. Solleciteremo rapidi interventi».

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