C’è curiosità e attesa per il murale che si sta dipingendo in piazza dell’Isolotto. Ma si sa perché annunciato, senza troppe spiegazioni, già in occasione del Consiglio aperto dello scorso 9 dicembre a Villa Strozzi.
Sul muro della Fiaba, al lato della chiesa, all’angolo con viale dei Bambini, arriva il dipinto dei benemeriti sindaci Giorgio La Pira e Mario Fabiani, a cui si deve tra le molte opere in favore della città, anche la costruzione del rione dell’Isolotto.
La Pira, in vero è più che benemerito: è stato infatti persino dichiarato Venerabile da Papa Francesco nel 2018 che lo stesso giorno della proclamazione, ha annunciato anche che gli sarebbe presto riconosciuto lo status di Beato, punto di arrivo di quel processo di beatificazione iniziato sotto Giovanni Paolo II nell’86. Il “sindaco Santo” non a caso insomma: anzi, non è affatto improbabile che il processo ecclesiale vada verso una sua santificazione in futuro. Tra le sue opere da sindaco, oltre al quartiere dell’Isolotto, si ricordano le basi di quello di Sorgane, la ricostruzione di vari ponti distrutti dalla Guerra, come Santa Trinita e Vespucci, e atti che sollevarono insieme plausi e aspre critiche come il sequestro di case sfitte durante la crisi degli sfratti.
Un suo affresco all’Isolotto era stato chiesto a gran voce dalla popolazione, quando un anno fa sulla facciata delle case popolari di via Canova si vide apparire d’improvviso il murale di Gramsci. Un dipinto che fu proclamato solo a lavori finiti, chi sostiene per sorpresa ai residenti e chi sostiene come colpo di mano politico, vivendo l’opera, che pure è di Jorit, alla stregua di una gigantografia in stile coreano di Kim Jong-Un. Polemiche e perplessità che furono subito raccolte dalle opposizioni, che si chiesero cosa c’entrasse Gramsci con la storia dell’Isolotto e perché non si fosse preferito una figura come quella di La Pira.
Ma anche Mario Fabiani, certo forse oscurato da un successore così importante, ha fatto altrettanto. Primo sindaco del Dopoguerra, che si impegnò nella difficile Ricostruzione di una città sventrata, ancora distrutta dalle bombe, disastrata nelle casse comunali. Eppure riuscì a rimettere in moto Firenze, quell’economia fermata dalla Guerra e corrotta da vent’anni di dittatura, a dare una casa alle classi proletarie e sottoproletarie, a chi una casa non ce l’aveva più perché rasa al suolo dai bombardamenti, a chi non aveva più nessuno perché, nessuno dei propri cari era tornato dal fronte.
Fabiani e La Pira alle elezioni del 1951 contesero la poltrona di sindaco su opposte fazioni, l’uno – primo cittadino uscente – per la coalizione di sinistra e l’altro – che l’avrebbe succeduto con meritata gloria – per quella di centro. La Pira vinse di misura, con uno scarto di poco più di diecimila voti e così Fabiani, che pure dovette lasciare Palazzo Vecchio, rimase ad amministrare quel territorio che tanto amava, stavolta come presidente della Provincia, finché non fu eletto senatore nel ’63.
Ma, sebbene si contesero il posto di primo cittadino, sebbene fossero in opposti schieramenti, saranno insieme sul muro di quel viale dei Bambini spina dorsale dell’Isolotto Vecchio, nel dipinto che stanno realizzando i writers Arke and Droste. Un segnale forte da parte dell’Amministrazione Q4, ad attestazione non solo dell’uguale importanza dei due sindaci nel costruire il rione che nel giro di qualche decennio è diventato il cuore del quartiere; ma anche e soprattutto dell’impegno civile e sociale, dell’abnegazione che i due statisti d’eccezione hanno dato per la propria città, per il proprio mandato fuori da ogni imposizione di partito, solo per buona amministrazione.
Un messaggio di speranza nella politica, quella vera, fatta di umiltà e osservanza dell’incarico istituzionale, discese in strada a fianco dell’ultimo degli ultimi, battaglie nel palazzo, rispetto e consapevolezza della bontà dell’operato altrui indipendentemente dallo schieramento. Testimonianza di ciò che fu l’Isolotto di ieri, ma soprattutto sigillo a imperitura memoria per amministrare e convivere in quello di domani.