Le lapidi ai caduti della Grande Guerra
Sei monumenti eretti alla memoria di coloro che persero le vite sul Piave e sulle pietraie del Carso scolpite dai maggiori artisti presenti sulla piazza, a cura di Leonardo Colicigno Tarquini per Isolottolegnaia.it
Nel periodo interbellico, sorsero in tutto il mondo, diversi monumenti per commemorare le vittime della Grande Guerra. Tali monumenti, carichi di particolari emblemi e decorati secondo i dettami dell’arte medioevale, del classicismo, del Liberty e di altri stili, furono commissionati da numerose istituzioni locali e nazionali negli anni 1920-1930. I memoriali del primo conflitto mondiale furono sfruttati dai governi fascista e nazista per scopi propagandistici, alfine di esaltare le eroiche vicende dei soldati caduti per la Patria; viceversa, i fautori di una politica opposta a quella dei regimi totalitari, utilizzarono i memoriali per ricordare al popolo i molti lutti della guerra.
Il fenomeno dei memoriali eretti nel primo dopoguerra subì un brusco calo alla fine della Seconda Guerra Mondiale: per ricordare le persone decedute nell’ultimo conflitto mondiale, spesso furono utilizzati i memoriali già esistenti, ai quali furono aggiunte delle lastre sulle quali erano incisi i nomi dei nuovi martiri.
L’attenzione verso il primo conflitto mondiale ritornò a crescere nel corso degli anni 1990, spinta soprattutto dagli studi accademici sugli aspetti socio-culturali della guerra: i reduci della Grande Guerra stavano scomparendo e diventò fondamentale contestualizzare i memoriali del periodo e molti di essi finirono nelle liste dei beni culturali di notevole interesse storico-artistico. Anche nel Quartiere 4 di Firenze si possono ammirare degli interessanti memoriali della Grande Guerra, realizzati dai migliori scultori presenti sulla piazza negli anni Venti del secolo scorso.
Monumenti ai Caduti del Pignone (anni 1920, fig. 1)
Sul fianco destro della settecentesca chiesa di Santa Maria al Pignone, in Via F. Cavallotti, si trova un monumento ai Caduti di Ferdinando Vichi, databile agli anni Venti. Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti del capoluogo toscano, il Vichi lavorò ed espose le sue opere nei principali paesi europei, in America e persino in India. Egli ebbe tra i suoi numerosi committenti anche tre presidenti statunitensi: Taft, McKinley e Roosevelt.
Sulla tabella in arenaria della lapide ai caduti del Pignone, lo scultore ha inserito una Vittoria Alata in bronzo che si ispira alle figure femminili di Adolfo De Carolis e Leonardo Bistolfi; inoltre essa presenta delle stilizzazioni derivate dalla Secessione viennese.
Nella Piazza di Santa Maria del Pignone si può ammirare un altro monumento ai caduti in bronzo, scolpito in quegli stessi anni da Antonio Malavolti, riproducente una palma (antico emblema di martirio e di gloria) e Gesù Cristo che la indica ad alcune donne (una delle quali in divisa da crocerossina) riunite attorno ad un soldato morto.
Lapide eretta alla memoria dei Caduti, ingresso della Cooperativa di Legnaia (1924), lapide proveniente dalla vecchia sede della cooperativa, oggi posta all’ingresso della nuova sede del consorzio agricolo (fig. 2)
La parte superiore della composizione è in gran parte occupata dalla testa di un angelo littorio di gusto liberty. I nomi dei soci del sodalizio agricolo caduti nel primo conflitto mondiale sono stati incisi nella parte inferiore del bassorilievo. La parte centrale della lapide è decorata con una scena bucolica, dominata da due bovi aggiogati (fig. 3), mentre nella parte destra del riquadro l’artista ha rappresentato tre personaggi di profilo: un soldato a torso nudo coll’elmetto da fante, un uomo anziano e una madre col figlioletto in braccio. Sullo sfondo un personaggio virile completamente nudo, caratterizzato da un drappo gonfiato dal vento, innalza il vessillo della Vittoria.
Al di sotto della scena agreste è stata incisa una frase di Tito Livio: «et facere et pati forti Romanum est», «è da Romano compiere e patire cose forti», una frase che riassume la grandezza della virtus latina.
Lapide ai Caduti, Via Pisana, 498 (1923, fig. 4)
Questo bel bassorilievo in bronzo di gusto classicheggiante, eseguito dal Malevolti nel 1923, reca al centro della composizione, sotto un festone, i nomi dei caduti.
La parte sinistra della targa è occupata dalla figura di un fante che stringe salde tra le mani le catene del servaggio» nelle mani, oramai spezzate, rappresentato con la tipica posa dei koùroi della Grecia arcaica (fig. 5). Il perizoma neoegizio da lui indossato conferisce alla lapide fiorentina una insolita nota esotica.
Nella parte destra, invece, una Vittoria Alata, con la corona d’alloro, sorregge il corpo di un soldato morto, quest’ultimo ritratto con una spada e uno scudo decorato con la testa di Medusa (fig. 6). Completano la descrizione dell’opera due aquile imperiali e una lucerna.
Lapide ai Caduti, Via di Soffiano, 1 (1924, fig. 7)
Il bassorilievo, anch’esso in bronzo, riproduce un giovane soldato a torso nudo e coronato d’alloro, di chiara ispirazione michelangiolesca, inserito in un paesaggio montuoso, attraversato da un fiume, forse il Piave, il fiume sacro all’Italia. Secondo alcuni studiosi, la lapide in questione, priva di firma, potrebbe essere stata scolpita dal carrarese Italo Amerigo Passani: infatti essa presenta delle affinità stilistiche con un’altra lapide ai caduti (datata 1926) riproducente due soldati a torso nudo che sorreggono una lampada votiva accesa con, ai lati, la Loggia del Bigallo e il Battistero, targa scolpita e decorata, rispettivamente, dallo stesso Passani e da Umberto Bargellini e collocata sulla facciata del Palazzo Ricci-Altoviti.
Lapide ai Caduti, Via di Scandicci, 203 (anni 1920, fig. 8)
Sulla facciata di un massiccio edificio, affacciato sulla Via di Scandicci, si può ammirare un bel bassorilievo in marmo scolpito da un tal Francalanci: esso riproduce una Vestale inginocchiata che pone una corona d’alloro sopra un altare ove sono incisi nomi dei caduti del rione fiorentino. Alle spalle della sacerdotessa, su un altare a tre piedi, arde il Sacro Fuoco della dea Vesta, fuoco che le stesse Vestali mantenevano sempre acceso.
Leonardo Colicigno Tarquini, storico dell’arte
Fonte: Guida alla scoperta delle opere d’arte del ‘900 a Firenze. Progetto IRRSAE Toscana, a cura di D. Salvadori-Guidi, Firenze, Leo S. Olschki, 1996.