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Leonardo Da Vinci, l’Arno e l’Isola di Legnaia: la storia della bonifica dell’Isolotto

Il celebre scienziato fu protagonista dell'opera di bonifica dell'attuale Isolotto, proseguita poi da Vincenzo Viviani, allievo di Galileo Galilei

L’origine della denominazione Isolotto per identificare una delle aree più popolose del Quartiere 4 di Firenze è sicuramente nota ai più, ma merita allo stesso tempo un maggiore approfondimento poiché la sua storia è accostata a uno dei più grandi geni di tutti tempi, ovvero Leonardo Da Vinci.

Uno scatto dell'Arno in piena alle Cascine
Uno scatto dell’Arno in piena alle Cascine

Le cronache di un tempo raccontano infatti di come si fosse formata in mezzo all’Arno un’insula mediana, emergente soprattutto nei periodi di secca. Lunga quasi un chilometro e larga circa 400 metri, era l’Isola di Legnaia, poi detta Isolotto. La sua antica perimetrazione veniva localizzata con il primo tratto dell’attuale via Bronzino, via del Palazzo dei Diavoli e via dei Mortuli, che rappresentavano la viabilità lungo-fiume dalla parte della sponda sinistra meridionale ‘di là d’Arno’.
A documentare questi dettagli in un disegno del primo Cinquecento fu nientemeno che il celebre inventore e scienziato Leonardo da Vinci, al quale fu commissionata l’opera di bonifica della piana di Monticelli-Legnaia-Cintoia.

Leonardo Da Vinci,(Anchiano, 15 aprile 1452 - Amboise, 2 maggio 1519)
Leonardo Da Vinci (Anchiano, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519)

Quella dell’Isolotto non era infatti l’unica terra emergente nel corso dell’Arno in quell’area, tanto è che occorreva una totale bonifica dei ‘renai’ e delle ‘isole’ che vi si trovavano, formate da biforcazioni e rami secondari. Non soltanto: l’intera area che si espandeva lungo l’Arno dal Torrino Di Santa Rosa fino all’attuale Isolotto veniva utilizzata come discarica dei resti degli animali macellati. Era qui che venivano gettate le carogne e i resti delle bestie scorticate. Una pratica, questa, avvenuta almeno fino ai primi anni del Novecento, tanto che la zona in questione, dalla quale si spargeva il fetore delle carcasse abbandonate, era chiamata ‘Sardigna’. Questa parola, come spiega lo storico Guido Carocci, non ha niente a che vedere con la Sardegna intesa come isola, bensì significa “carcassa, carogna”, ed era un vocabolo di radice latina, permanente tutt’ora nella lingua spagnola, e presente anche nel volgare italiano parlato all’epoca a Firenze.

Laghetto con vegetazione boscosa tutt'ora presente al Parco Dell'Argingrosso all'Isolotto
Laghetto con vegetazione paludosa tutt’ora presente al Parco Dell’Argingrosso all’Isolotto

L’opera di riqualificazione, avviata da Leonardo Da Vinci tra il 1503 e il 1505 e commissionata a lui con tutta probabilità dal Gonfaloniere della Repubblica Piero Soderini, fu resa possibile grazie ad attenti studi e alla realizzazione di fondamentali opere a carattere idraulico per la regimentazione del fiume.
La bonifica dell’area in questione verrà poi ripresa tra il 1653 e il 1698 dal più giovane discepolo del ben noto fisico e accademico Galileo Galilei, ovvero il matematico e ingegnere Vincenzo Viviani. Fu infatti lui, tramite accurate ricerche storiche e sul terreno, a verificare il rialzamento di alcune braccia dell’alveo dell’Arno e dei suoi principali tributari, per evitare i sempre più frequenti allagamenti dei piani interrati e a terreno delle abitazioni non solo urbane.

Vincenzo Viviani (Firenze, 5 aprile 1622 – Firenze, 22 settembre 1703)
Vincenzo Viviani (Firenze, 5 aprile 1622 – Firenze, 22 settembre 1703)

I terreni umidi e bassi posti tra l’’Argin Grosso’ e il fiume vennero così destinati ad invaso di espansione durante le piene, mentre alcune aree adiacenti alle attuali Cascine mantennero renai e larghe fasce di terreno incolto con canneti, arbusti ed alberi d’alto fusto.

Parco dell'Argingrosso, il laghetto tra i cespugli
Parco dell’Argingrosso, il laghetto tra i cespugli

I motivi per i quali fu lasciata incolta e selvatica quella parte di terreno furono ben due. Il primo è legato all’importante quantità di legname che si poteva trarre da questa riserva boscosa lungo l’Arno, e in buona parte destinata anche alla carpenteria navale nel vicino porto del Pignone. Il secondo è collegato al fatto che questo ‘Bosco D’Arno’ costituiva la Bandita di Caccia e Pesca Granducale di Legnaia, un luogo quindi molto importante per svolgere le attività all’aria aperta della corte Medicea prima e Lorenese poi.

A cura di David Fabbri

Fonte principale: Giampaolo Trotta, Sant’angelo A Legnaia. Fede, Arte E Storia In Un Borgo Suburbano Della Toscana.

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