L’imponente Villa di Broncigliano di Scandicci
Dalle antiche travi dipinte in stucco nel sottotetto dell'edificio al crocifisso dei "giocolieri", fino alla buchetta del vino tamponata: alla scoperta di una delle ville meno conosciute di Scandicci, a cura di Leonardo Colicigno Tarquini per Isolottolegnaia.it
Broncigliano, oltre ad essere il nome di un fosso affluente del Vingone, indica l’omonima località posta nei pressi di tale confluenza, località dominata dall’imponente Villa di Broncigliano.
Le prime notizie sulla villa scandiccese risalgono all’inizio del XV secolo, quando è documentata come casa da signore dei Guidetti, ricchi mercanti fiorentini, proprietari di un altro edificio scandiccese, la bella Villa ‘Il Diluvio’.
Dal 1492 la villa di Broncigliano ebbe frequenti passaggi di proprietà: fu per esempio dei Pitti fra Sei e Settecento; nel 1733 venne acquistata da Giuliano Dami, l’amante del granduca Gian Gastone de’ Medici, che, coi fondi pubblici, la restaurò e l’abbellì.
Fu Giovacchino Fortini, appartenente ad una nota famiglia settignanese di architetti, scultori e stuccatori attiva anche a Scandicci, a conferire alla villa l’attuale aspetto monumentale e, allo stesso tempo, sobrio ed elegante.
Dopodiché nel 1770 la essa pervenne agli Stiozzi-Ridolfi e di questa famiglia rimangono lo stemma gentilizio posto sopra l’ingresso della villa ed una buchetta del vino, tamponata (forse) in tempi recenti e trasformata in un moderno tabernacolo, segno che anche questa zona era frequentata dagli amanti del buon vino.
Dopo vari passaggi di proprietà, dagli Cinquanta del secolo scorso la villa è sede di una casa di riposo per ex saltimbanchi (unica nel suo genere in Italia!) ed è per questo conosciuta come «Casa dello Spettacolo Viaggiante.»
L’edificio si presenta con caratteristiche di derivazione primo-settecentesca, sebbene sul lato sinistro della villa, in posizione arretrata rispetto a ciò che resta di un giardino all’italiana, si possono ancora osservare i resti dell’originaria struttura medioevale.
Sulla facciata posteriore della villa è stata posta una bella meridiana settecentesca, inserita in una cornice che riprende le decorazioni delle finestre del primo piano dell’edificio, ed è accompagnata dall’iscrizione latina «NON NUMERO NISI SERENAS», cioè “non conto che le ore serene”.
A questa iscrizione, facilmente leggibile sulle meridiane, è stato attribuito un doppio significato: lo gnomone non può segnare le ore se non col sole, ossia quando il cielo è sereno; quindi si auspica che anche al padrone di casa le ore siano sempre serene.
La cappella, tutt’oggi officiata, risale al 1734 ed originariamente era dedicata a San Giuliano, patrono del Dami, come ricorda una lapide murata sopra la porta d’ingresso; nel 1808 essa venne restaurata e dedicata alla Vergine Maria su iniziativa di Andrea Martini detto il Senesino, famoso cantante evirato del tardo Settecento, che in questa villa si spense nel 1819.
All’interno sono state collocate delle opere d’arte realizzate dagli ex saltimbanchi: molto bello è il crocifisso neoducentesco con santi e giocolieri. Fra i santi si riconosce san Giovanni Bosco: stando ad una tradizione cara ai circensi, il fondatore dei salesiani si sarebbe improvvisato giocoliere al fine di trovare i fondi necessari alla costruzione del suo celebre oratorio.
Le decorazioni nelle stanze della villa rispecchiano il gusto primo-settecentesco del Dami: gli splendidi stucchi di gusto rococò decorano gli ambienti del pianterreno della villa, mentre al secondo piano il celebre frescante Niccolò Pintucci eseguì affreschi riproducenti delle strutture classicheggianti in rovina inserite in ariosi paesaggi fantastici.
Al pianterreno inoltre è stata allestita una interessante collezione di giocattoli e presepi.
Ma è nel sottotetto della villa scandiccese che si conserva forse la più interessante testimonianza storico-artistica: alzando lo sguardo verso il soffitto si possono osservare delle antiche travi decorate in stucco delle eleganti palmette.
A giudicare dalla carpenteria, con mensole sagomate sotto l’attacco delle medesime travi, sembrerebbe trattarsi di un’opera del XV secolo, in accordo con le prime notizie sulla villa.
La palmetta è un elemento decorativo antichissimo: Alois Riegl, alla fine del XIX secolo, ha voluto far derivare dal fiore di loto stilizzato dell’Antico Egitto tutte le successive ornamentazioni fitomorfe dell’arte classica, compresa la stessa palmetta.
Essa venne ereditata dagli artisti medioevali e da quelli dell’età moderna che la utilizzarono come decorazione delle proprie opere d’arte, dalle pale d’altare alle opere scultoree.
Per quanto riguarda Firenze e i suoi dintorni, segnaliamo le belle cornici del Battistero di Firenze e della tomba di Gasdia e Cilla nel complesso di Badia a Settimo.
Fra le capriate dipinte sopravvissute, quelle nella Badia a Settimo, decorate da maestranze senesi (oppure fiorentine) fra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, si prestano efficacemente ad un confronto, che però sottolinea l’assoluta differenza tra i due elementi strutturali.
Certamente le travi della casa di riposo scandiccese non presentano un complesso sistema iconografico complesso come quello di Settimo, tuttavia travi come quelle di Broncigliano rappresentano quasi una primizia perché rari sono gli esempi di decorazione in stucco applicata a travi, realizzate per una residenza extraurbana medioevale, e per questo meriterebbero di essere valorizzate.
Leonardo Colicigno Tarquini, storico dell’arte medioevale.