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Dai Bagnesi al quartiere scandiccese de Le Bagnese

Analisi etimologica dell'omonimo quartiere della 'Città della Fiera'. La commovente storia della beata Maria Bartolomea.

Anticamente l’area de Le Bagnese si presentava come una zona di campagna e tale sarebbe dovuta rimanere secondo un primo schema di piano regolatore che l’amministrazione scandiccese commissionò a Vittorio Stigler nell’aprile del 1954.

Con questo articolo vorremmo analizzare l’etimologia del toponimo dell’omonimo quartiere scandiccese.

Esso prende nome dai terreni posseduti dalla potente e antica famiglia dei Bagnesi. 

Forse originari di Bagno di Móntici (o Montisci) i Bagnesi erano di parte guelfa: dopo aver parteggiato per gli Uberti, a seguito di una scissione, costoro si schierarono dalla parte dei Donati.

Nonostante l’estinzione del ramo principale del casato avvenuta nella prima metà del XVII secolo, essa sopravvisse grazie ad un ramo secondario della famiglia fiorentina, quello dei Bellincini-Bagnesi (meglio conosciuti come Bagnesi di Modena) i quali, nonostante si fossero trasferiti a Modena al principio del XIV secolo, entrarono in possesso del massiccio Palazzo Bagnesi-Falconieri nel 1635 e di altri antichi palagi urbani ed extraurbani.

Palazzo Bagnesi- Falconieri.
Palazzo Bagnesi- Falconieri (foto Wikipedia)

La famiglia possedeva molti terreni ed edifici anche nell’odierno comune di Scandicci: fra i numerosi beni posseduti desideriamo menzionare la maestosa Villa Passerini di Scandicci Alto, costruita sui resti di una casa da signore degli stessi Bagnesi, a sua volta costruita sui resti di un castello cadolingio del X secolo.

Villa Passerini di Scandicci Alto, antico possesso dei Bagnesi.
Villa Passerini di Scandicci Alto, antico possesso dei Bagnesi (foto dell’autore)

Dalla famiglia Bagnesi discesero importanti intellettuali e valenti uomini d’arme, come Francesco, illustre grecista ed ebraista, e il capitano Carlo, fatto prigioniero dai soldati del principe d’Orange.

Ad un altro Bagnesi, il marchese Francesco Maria, si deve la costruzione della Cappella dell’Assunta di Cintoia, eretta nel 1752 in eleganti forme neo-cinquecentesche, su probabile progetto di Gaspero Paoletti (1727-1813), per proteggere un antico tabernacolo della zona. Alcuni studiosi fanno derivare determinate strutture architettoniche fiorentine dalla seconda metà del Settecento proprio dalla cappellina di Cintoia.

Cappella di Cintoia, progetto attribuito a Gaspero Paoletti, 1752.
Gaspero Paoletti (attribuito), Cappella di Cintoia, 1752 (foto dell’autore)

Ma la vera gloria della nobile famiglia fiorentina fu la beata Maria Bartolomea.

Nata a Firenze nel 1514, fin dalla più tenera età Maria Bartolomea dimostrò una spiccata predisposizione alla preghiera.
Quando compì diciassette anni, suo padre le disse che era arrivato il momento di maritarsi.
La beata Bagnesi in una incisione spagnola ottocentesca.
La beata Bagnesi in una incisione spagnola del XIX secolo (foto Wikipedia)
A quelle parole, Maria Bartolomea si sentì male: iniziò a tremare per lo spavento e cadde a terra svenuta.
Da allora la Bagnesi accusò i sintomi di una malattia invalidante che la costrinse a letto per quasi 50 anni.
Ella trascorse un’esistenza dedicata allo studio delle Sacre Scritture e alla preghiera, ma non fece mancare il suo conforto ai bisognosi.
All’età di trentatré anni entrò a far parte della “grande famiglia” domenicana, vivendo però da laica consacrata nella sua dimora e circondata dai suoi confessori.
Il funerale della beata Bartolomea, opera di Giuseppe Servolini, Santa Maria Maddalena dei Pazzi
Giuseppe Servolini, Esequie della beata Bartolomea Bagnesi, 1807, Firenze, Santa Maria Maddalena dei Pazzi (foto Wikipedia)

Alla sua infermità si aggiunsero le insidie di Satana e le calunnie degli uomini, ma la beata pose la sua fiducia in Dio, riuscendo a vincere tutte le trappole ordite.

Alla sua morte, avvenuta nel maggio del 1577, il suo corpo fu trasportato da Santa Maria Novella, dove si svolse il funerale, alla chiesa del Cestello.

Dopo aver “traslocato” da un convento all’altro, dal 1928 le spoglie della beata riposano nel Carmelo di Careggi, in Via dei Massoni.

La futura santa Maria Maddalena dei Pazzi l’ammirava molto ed era convinta di essersi salvata da una malattia che l’aveva ridotta in fin di vita proprio grazie alla sua intercessione.

Leonardo Colicigno Tarquini

Bibliografia

Roberto Aiazzi, Marco Jaff, Scandicci: da borgo a città. Un profilo di storia urbana: 1866 – 1996, Firenze, Alinea Editrice, 1997;

Bettino Gerini, Vivere Firenze…Il Quartiere 4, Firenze, Aster Italia, 2005;

Redazione, voce Bagnesi Bellincini, in Enciclopedia Treccani, Enciclopedia online.

 

 

 

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Leonardo Colicigno Tarquini

Leonardo Colicigno Tarquini (nome d'arte di Leonardo Colicigno) si è laureato con lode discutendo una tesi in storia dell'arte coi professori Tigler e Cervini, tesi da cui è stato tratto un articolo pubblicato negli atti del IX Convegno di Studi Medievali curato dall'associazione NUME-Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino di Firenze nel 2023. È affascinato sia dal Medioevo autentico, che da quello di reinvenzione. Nel 2018-2019, insieme ad alcune associazioni culturali fiorentine e scandiccesi, ha preso parte al progetto "Scandicci Open Villas", partecipando attivamente alla stesura di brevi schede storico-artistiche dedicate ai principali beni culturali di Scandicci, all'organizzazione di visite guidate agli edifici storici del sopracitato Comune e alla produzione di un docufilm sulla Pieve di San Giuliano a Settimo (regia di V. Zappia, 2019).

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