L’architrave scandiccese con la follia di Ercole: la storia dell’antico e miticologico reperto
Un piccola gemma conservata nella canonica della chiesa di Santa Maria a Greve di Scandicci che evoca un mondo fantastico fatto di spiriti maligni e benigni.

All’interno della chiesa di Santa Maria a Greve a Scandicci si conserva un architrave in pietra serena trecentesco riproducente Ercole e Megara accompagnati da quattro animali alati: un cavallo, un leone, un drago e un grifone. L’architrave è sorretto da due colonne non pertinenti in pietra serena, a loro volta poggianti su di un basamento dello stesso materiale. Questi ultimi elementi, databili al Seicento, infatti, provengono da un altare.


Tutte le opere menzionate sono state realizzate dal Guidi e dai suoi collaboratori – altre invece sono state a loro attribuite– a partire dagli anni Settanta del Trecento. Tra l’altro, questi soggetti hanno riscosso una certa fortuna anche nella decorazione di alcune palazzine fiorentine primo-novecentesche, come quella detta “dei leoni” in via di Scandicci (per ulteriori approfondimenti su quest’ultimo argomento si rinvia a questo articolo).



Considerando il soggetto profano, ho avanzato l’ipotesi che l’architrave decorasse l’ambiente di un palazzo fiorentino o di una villa scandiccese, e che in un’epoca imprecisata e per cause ancora ignote sarebbe stato trasferito nella sua sede attuale. A Firenze, la figura di Ercole che affronta il Leone Nemeo venne scelta per rappresentare la stessa città che trionfa sui propri nemici; in altri contesti, egli diviene la somma di tutte le virtù o l’incarnazione di una di esse, ovvero la Fortezza.
Tuttavia, nel nostro caso, l’eroe è rappresentato in un momento di debolezza, una scelta che potrebbe non essere casuale: infatti, gli uomini, sfortunatamente, sono o sono stati vittime della follia, personificata dai quattro animali. Tali creature non sarebbero altro che diavoli proteiformi, signori dell’aria e degli inferi, i quali, una volta “intercettata” la loro preda, prendono possesso del corpo del malcapitato facendogli perdere il senno, esattamente come è successo all’eroe antico in una tragedia di Seneca intitolata Hercules furens, nella quale il protagonista, dopo essere stato maledetto da Giunone, uccide Megara e i suoi figli scambiandoli per la stessa dea e per dei mostri. Gli eruditi medioevali riconoscevano l’esistenza anche di spiriti benigni che venivano associati alle funzioni vitali degli uomini. In tale prospettiva, anche Eros è descritto come uno spiritello che influisce pesantemente sull’animo umano: una volta conquistato il “castello” (ovvero il cuore) dell’innamorato, egli inizia a «segnoreggiare» sugli altri spiriti.
Ma torniamo all’architrave. Anche un eroe forte e valoroso come Ercole è stato quindi vittima della follia, il che conferirebbe alla lastra un valore apotropaico, quello cioè di allontanare gli spiriti maligni dall’edificio che originariamente la ospitava. Essa incarna inoltre alcuni interessanti aspetti del Medioevo, come la relazione col mondo classico, e più specificamente la conoscenza delle tragedie dell’intellettuale latino nella Firenze trecentesca, una conoscenza che si diffuse grazie alla produzione di diverse “risorse supplementari” per gli eruditi (commenti all’opera omnia del Seneca tragico) volte a facilitare la comprensione di testi caratterizzati da una notevole complessità metrica e mitologica.
In conclusione, la lastra di Scandicci non ha lo stesso fascino del folle “volo” di Dante, ma piuttosto esprime il timore di un abitante di un comune ben ordinato e ricco per una “malattia” che priva di senno gli uomini e distrugge l’armonia della vita coniugale: Ercole, vittima della follia, diventa quindi il simbolo della lotta contro questa “forza oscura”, mentre gli animali alati, emblemi della pazzia demoniaca, ci raccontano anche della vivacità dei bestiari e dei poemi dell’età di mezzo, dai quali emerge un mondo popolato da spiriti e animali fantastici, cui si pensava fossero affidati il controllo e la trasmissione delle emozioni.
Leonardo Colicigno Tarquini, storico dell’arte medioevale
Per saperne di più…
C. DEMPSEY, Inventing the Renaissance putto, Chapel Hill (USA) – London (UK), The University of North Carolina Press, 2001.
L. COLICIGNO [L. COLICIGNO TARQUINI], La follia di Ercole in un architrave tardo-trecentesco, in IX Ciclo di Studi Medievali, atti del convegno, a cura di NUME Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino (Firenze, 6-7 giugno 2023), Vibo Valentia (VV), Libritalia.net Edizioni, 2023, pp. 192-197.
ID., Santa Maria a Greve di Scandicci. Storia e beni culturali, «Noi Caffè Michelangiolo», XIV, 2024, pp. 44-46.