Un portico seicentesco dagli archi ribassati cela la chiesa di San Giusto a Signano, in quel di Scandicci, fondata, secondo alcuni studiosi, prima dell’anno Mille. Notizie più precise riguardanti l’esistenza una chiesa nell’odierna frazione scandiccese di Signano compaiono a partire dalXIII secolo: infatti, l’erudito Giovanni Lami ci informa che, nel 1270, rettore della chiesa era un tal Jacopo che partecipò, insieme ad altri sacerdoti, a un sinodo nella cattedrale di Santa Reparata nel 1286.
La chiesa di San Giusto a Signano venne elevata a prioria nel 1749, mentre nel corso dei secoli XIX e XX essa fu sottoposta a una serie di importanti interventi di ristrutturazione, l’ultimo dei quali ebbe luogo negli anni successivi alla chiusura dei lavori del Concilio Vaticano II.
Appena varcato l’ingresso, il visitatore viene “accolto” da tre piccoli-grandi capolavori: due pale d’altare e un crocifisso ligneo.
Alla fine dell’Ottocento, al tempo del rettorato di Augusto Fei, venne rinvenuta un’opera riproducente la Madonna col Bambino in trono tra Angeli e Santi.
Il dipinto venne notato da Guido Carocci, che nell’ultima edizione della sua Guida dei dintorni di Firenze (1907), alla voce ‘Signano’, lo attribuì ad un artista della bottega «de’ Gaddi».
Oggigiorno la maggior parte degli studiosi ha accolto l’attribuzione avanzata nel 1914 da Frederick M. Perkins – uno storico dell’arte americano di religione protestante che negli ultimi anni di vita si convertì al cattolicesimo – il quale inserì la tavola di Signano nel “catalogo dei dipinti” di Bernardo Daddi.
Questo Maestro della pittura toscana si formò nella bottega più influente della “città gigliata” all’inizio del XIV secolo: quella di Giotto. Lavorando gomito a gomito con altri “giganti” della prima generazione giottesca come Taddeo Gaddi, Maso di Banco e Puccio Capanna. Tradizione che poi proseguì con altri maestri, basti pensare a Giottino, Agnolo Gaddi e Giovanni da Milano, del quale la chiesa di San Bartolo in Tuto di Scandicci conserva una sua Madonna col Bambino. Siamo quindi in un periodo che ha visto accendersi quella “scintilla” che avrebbe fatto brillare la pittura italiana con uno stile capace di sommare realismo, intensità, espressività e senso della prospettiva e del corpo.
Delicatezza, purezza del colore, sguardi struggenti e solidità dei gesti che ritroviamo perfettamente anche in questa tavola, databile agli anni 1330-1340.
Un’opera, quella di Signano, che riflette un capolavoro assoluto di Giotto: la Maestà di Ognissanti, databile al primo decennio del Trecento e oggi esposta agli Uffizi.
Non dobbiamo dimenticarci che, verso la fine degli anni Trenta del XIV secolo, Bernardo Daddi era impegnato nella realizzazione di una delle sue opere più celebri, il polittico di Santa Reparata (1338), anch’esso conservato agli Uffizi.
La tavola di San Giusto a Signano è altresì conosciuta come “Madonna dei fiori“, in quanto un angelo è ritratto nell’atto di porgere al Bambin Gesù una rosa rossa, uno dei tanti elementi iconografici che rimandano alla futura Passione di Cristo.
Rimane un ultimo, importante, interrogativo: com’è arrivata a San Giusto a Signano? Su questo il campo di ricerca è ancora aperto. Un’ipotesi, affascinante potrebbe condurci alla cattedrale fiorentina (allora era Santa Reparata), con la quale la chiesa di Signano intesseva, come precedentemente specificato, rapporti fin dal tardo Duecento. Potrebbe essere stato quindi un dono della cattedrale fiorentina come segno della bontà di queste relazioni.
In un inventario del 1765 si viene a sapere che vi erano diversi altari, uno dei quali è citato da chi ha compilato il documento “Altare del Crocifisso”. Sopra l’altar maggiore della chiesa oggi si trova un crocifisso ligneo, databile tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, che probabilmente potrebbe coincidere col manufatto menzionato nell’inventario settecentesco, un’opera che gli abitanti della zona hanno sempre venerato come miracolosa. Ecco la sua storia.
Si racconta che il crocifisso venisse trovato da un contadino della zona mentre galleggiava in un ristagno, dopo una delle tante piene della Greve. Il contadino allora lo avrebbe portato dal parroco di Signano, ma per quante indagini venissero fatte, costoro non riuscirono mai a sapere che ci fosse il “proprietario” della scultura. E fu così che il crocifisso iniziò ad essere venerato come miracoloso; in suo onore veniva celebrata una festa il venerdì precedente la Domenica delle Palme.
Dal punto di vista stilistico, il crocifisso di Signano, restaurato nel 2015/2016, mostra alcune somiglianze con sculture analoghe realizzate tra fine del XV e l’inizio del XVI secolo da Baccio da Montelupo e Leonardo Del Tasso, le cui sopracitate opere, a loro volta, discendono dal cosiddetto Crocifisso Gallino (1495 circa), una scultura che prende il nome dall’antiquario piemontese che lo aveva venduto allo Stato Italiano negli anni 2000 come opera di Michelangelo Buonarroti.
L’attribuzione al Maestro toscano del Crocifisso Gallino, oggi conservato al Bargello, ha ricevuto pareri positivi e negativi di molti studiosi: tra coloro che sostennero con convinzione l’attribuzione michelangiolesca vi furono studiosi del calibro di Giancarlo Gentili e Marco Fioravanti, mentre Margrit Lisner e Stella Rudolph rigettarono tale attribuzione.
Infatti, la prima studiosa l’accostò ad Andrea Sansovino, mentre la seconda l’attribuì a Leonardo Del Tasso, scultore fiorentino appartenente ad una famiglia di legnaiuoli originaria di San Gervasio, “villaggio” sorto alle porte del capoluogo toscano, e stretto collaboratore di Benedetto da Maiano.
L’artista «[si] fece interprete di una scultura che privilegiò un’immagine del crocifisso non sfigurato dal dolore» (Bellandi 2016), un’immagine che guardava alla Crocifissione dipinta dal Peruginoin Santa Maria Maddalena dei Pazzi alla fine del Quattrocento, che contribuì, prosegue lo stesso Bellandi, alla diffusione «di un sentimento nuovo della morte, più sereno, nell’affidarsi a Dio».
È quindi probabile che l’autore del Crocifisso di Signano deve aver preso come modello il Crocifisso Gallino– un’opera «di alto artigianato artistico» come è stata definita da Francesco Caglioti- oppure un altro manufatto da esso derivato (come il crocifisso dello stesso Del Tasso proveniente dallo Spedale di Santa Maria Nuova) e che, come per la pala di Bernardo Daddi, sarebbe stato trasferito, forse da un ambiente privato, in questa chiesa in un’epoca imprecisata.
L’ultimo capolavoro signanese è una pregevole tavola databile alla fine del XVI-inizio del XVII secolo, riproducente Cristo crocifisso con la Maddalenae attribuita ad un artista prossimo a Santi di Tito, una delle personalità più influenti della pittura fiorentina (e anche toscana) della seconda metà del Cinquecento. Il crocifisso della pala in questione presenterebbe, dicono gli esperti, delle somiglianze con la Visione di San Tommaso d’Aquino, opera realizzata dall’artista toscano nel 1573 per l’Oratorio di San Tommaso d’Aquino in via della Pergola a Firenze e oggi esposta al Museo di San Salvi, nella quale egli aderisce alla chiarezza narrativa evangelica richiesta ai pittori dalle alte sfere ecclesiastiche della Controriforma.
Bibliografia consultata
Scandicci. Itinerari storico-artistici nei dintorni di Firenze, a cura di D. Lamberini, Firenze, Ponte alle Grazie, 1990.
B. GERINI, Vivere Firenze…Il Quartiere 4, Firenze, Aster Italia, 2005.
«Fece di scultura di legname e colorì». Scultura del Quattrocento in legno dipinto a Firenze, catalogo della mostra, a cura di A. Bellandi, Firenze, Giunti, 2016.
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Leonardo Colicigno Tarquini (nome d'arte di Leonardo Colicigno) si è laureato con lode discutendo una tesi in storia dell'arte coi professori Tigler e Cervini, tesi da cui è stato tratto un articolo pubblicato negli atti del IX Convegno di Studi Medievali curato dall'associazione NUME-Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino di Firenze nel 2023.
È affascinato sia dal Medioevo autentico, che da quello di reinvenzione.
Nel 2018-2019, insieme ad alcune associazioni culturali fiorentine e scandiccesi, ha preso parte al progetto "Scandicci Open Villas", partecipando attivamente alla stesura di brevi schede storico-artistiche dedicate ai principali beni culturali di Scandicci, all'organizzazione di visite guidate agli edifici storici del sopracitato Comune e alla produzione di un docufilm sulla Pieve di San Giuliano a Settimo (regia di V. Zappia, 2019).