La bella vetrata novecentesca della Madonna Immacolata di Santa Maria a Cintoia
Alla scoperta di un'opera poco conosciuta, di gusto neo-barocco, realizzata all'inizio degli anni Trenta del secolo scorso per una delle chiese più antiche del Quartiere 4 di Firenze, con Leonardo Colicigno Tarquini per IsolottoLegnaia.it
Nella chiesa di Santa Maria a Cintoia il visitatore può contemplare una splendida vetrata policroma riproducente l’Immacolata Concezione, realizzata all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso per ornare il presbiterio di detta chiesa (menzionata in un documento della fine del XII secolo e ristrutturata nel 1749 quando fu elevata a prioria), al cui interno, salvo una croce quattrocentesca in rame argentato menzionata dal Carocci, si conservano molte opere d’arte di fattura moderna.
Negli “itinerari” tracciati tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila da quei pochi studiosi che si sono interessati alla produzione artistica di Firenze e dintorni dei secoli XIX e XX, compare anche la vetrata di Cintoia.
Stagliata contro un bel cielo azzurro una stante Madonna domina la scena, galleggiando «come un pensiero che non è mai stato espresso, perché essa non è ancora che un’idea nella mente divina», volendo citare lo storico dell’arte francese Émile Mâle.
Maria poggia i piedi su una mezzaluna ed è attorniata dai cherubini, dei quali vediamo solamente le paffute e gioconde testoline, e poggia i piedi su una mezzaluna, simbolo dell’angelo caduto. Delle minacciose nubi serpentiformi alludono, proseguono gli studiosi, alla testa del «serpente antico» (allusione a Genesi, 3) calpestata dalla «donna vestita di sole, con la luna sotto ai suoi piedi» del libro dell’Apocalisse.
Ai piedi della Vergine due giocosi angioletti recano in mano un fascio di rose rosse, uno dei tanti emblemi mariani: tra i tanti epiteti mariani vi è quello di rosa sine spina, perché è stata concepita senza il peccato originale, come stabilito dalla costituzione apostolica Ineffabilis Deus di Pio IX, promulgata l’8 dicembre 1854, con la quale, dopo secoli di dibattiti teologici, venne proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione. Tra l’altro, a proposito di rose, una antica leggenda medioevale racconta che prima della caduta dell’uomo la rosa era priva di quelle spine che la caratterizzano. Quattro anni dopo la promulgazione della costituzione apostolica, la Vergine Maria apparve alla pastorella Bernadette Soubirous a Lourdes salutandola con la celebre frase: «Io sono l’Immacolata Concezione.»
Completano la composizione delle decorazioni floreali lungo i bordi della vetrata e, nella parte inferiore della stessa, un sofisticato cartiglio neobarocco con su scritto Ave Maria.
Purtroppo ignoriamo le identità dell’artista, che ha fornito il cartone, e della maestranza impegnata nella realizzazione della vetrata.
Gli esperti l’hanno attribuita ad una manifattura fiorentina attiva nel capoluogo toscano nella prima metà del secolo scorso, influenzata dai dettami dell’Art Déco, come dimostrano le decorazioni geometriche nell’aureola e nei raggi che partono dalla stessa aureola della Vergine, mentre per quest’ultima il committente e l’artista dovrebbero aver preso come modello alcuni soggetti simili realizzati nel XVII secolo, come quelli dipinti per esempio da Pietro Novelli, oppure (almeno a nostro giudizio) da Bartolomé Esteban Murillo, una delle figure più importanti del Siglo de oro, autore non solo di importanti dipinti sacri, ma fu anche un attento osservatore della vita popolare, immortalata in dipinti come Ragazzi con meloni e grappoli d’uva (1665-1675) e Galiziane alla finestra (1670).
Le Madonne di quest’ultimo artista ebbero un grande successo, perché, dicono gli esperti, esse riuscirono ad abbattere ogni distanza tra le sfere umana e divina, perché ispirate alla spiritualità francescana, cara al pittore spagnolo.
Un modello, insomma, che si dimostra particolarmente adatto per la sensibilità religiosa del committente, e forse anche ai dipendenti della manifattura, e che testimonia la ricezione di un barocco aulico in una zona dove per secoli si estendeva una campagna e dove la presenza umana era molto più limitata di quanto oggi non appaia.
Leonardo Colicigno Tarquini.
Bibliografia
Guida alla scoperta delle opere d’arte del ‘900 a Firenze, a cura di D. Salvadori Guidi, Firenze, Leo S. Olschki editore, 1996;
A. Ugolini, Le vetrate artistiche a Firenze fra Ottocento e Novecento (con testo inglese a fronte), Firenze, Edifir- Edizioni Firenze, 2002;
M. Soranzo, Vita di Maria, Milano, Àncora Editrice, 2022.
Molto interessante questa segnalazione. Osservo, studiando anch’io le vetrate del Novecento, una notevole affinità di questa vetrata con quelle (dipinte a grisaille all’interno) prodotte dall’Atelier Louis Ferdinand Balmet e del figlio André, attivi a Grenoble. Nel “Catalogo Asta di modelli e scatole” di quest’ultimo, redatto per la vendita del 1995, noto almeno 7 volte ripetuto il soggetto della Immacolata Concezione. In particolare al paragrafo: Figure Religiose, nn. 118, 158, 181, 186, 197, 201, 257 (il primo desinato ad una chiesa d’Eybens. Isère, nel circondario di Grenoble). Nel paragrafo seguente: Scene Religiose, osservo ancora che al n. 511 il soggetto della Proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione è associato a quello del pittore Claudius Denis (probabile autore del cartone), con la data del 1926. Una vetrata non firmata, ma attribuibile a questo Atelier Balmet dell'”Immaculee Conception” (dicitura sul vetro in francese,) è presente anche a Venezia nel Museo parrocchiale della chiesa di San Salvador. Cordiali saluti