130° anniversario della morte di Alamanno Morelli
Il 10 gennaio del 1893, nella "Città della Fiera", lasciava questa "valle di lacrime", uno dei più grandi attori dell'Ottocento italiano, apprezzato per la sua bella voce e la naturalezza della recitazione, il quale giocò un ruolo chiave per la fondazione del Teatro "Manzoni" di Scandicci. Articolo di Leonardo Colicigno Tarquini per isolottolegnaia.it
Per la città di Scandicci il 2023 si apre con una importante ricorrenza: il 10 gennaio di 130 anni fa moriva Alamanno Morelli, uno dei più famosi Scandiccesi “d’adozione” e al tempo stesso, uno dei più importanti attori italiani del secolo XIX.
Figlio d’arte, Alamanno nacque a Brescia il 28 giugno 1812 da Antonio e Adelaide Morelli (nata Salsilli), una coppia di attori veneziani specializzati nella rappresentazione delle commedie goldoniane. All’età di otto anni iniziò a recitare nella compagnia dei genitori, ma su insistenza del padre, egli si dedicò agli studi classici, compiuti prima a Vicenza e poi a Padova. Alla morte del padre, Alamanno si mise alla ricerca di qualche impiego: in un primo momento si unì ad una compagnia di guitti; poi, quando questa si sciolse, indebitato fino al collo, lavorò come cameriere.
Nel 1829, grazie all’intervento della madre, il Morelli venne scritturato nella compagnia di Giacomo Modena. Egli ben presto divenne un grande e ricercato attore di prosa, apprezzato sia per la naturalezza della recitazione, che per la sua bella voce. Attore versatile, Morelli raggiunse la celebrità quando, primo in Italia, interpretò il dramma Kean di Dumas padre, basato sulla vita dell’attore britannico Edmund Kean. Altrettanto celebri furono le sue interpretazioni del Faust di Goethe, di Chatterton di De Vigny e dell’Amleto shakespeariano, opera quest’ultima, andata in scena nel 1850, con alcune importanti “modifiche strutturali” (basti pensare che nella versione morelliana della tragedia del “Bardo dell’Avon” il protagonista non muore!)
A Milano, dove ricoprì la carica di direttore dell’Accademia dei Filodrammatici, pubblicò tre importanti trattati: Prontuario delle pose sceniche (1854), Note sull’arte drammatica rappresentativa (1862) e il famoso Manuale dell’artista drammatico (1877), al quale aggiunse il progetto (mai realizzato) di un teatro stabile per la città di Roma.
Con la sua arte Alamanno Morelli anticipò i tempi curando più l’affiatamento degli attori, la composizione dello spettacolo e la qualità della scenografia, non esitando a riservarsi parti secondarie quando quelle principali non si attenevano alle sue caratteristiche mimiche e vocali.
Tra una tournée e l’altra, il Morelli cominciò a bazzicare anche Scandicci, insieme all’alessandrina Virginia Marini. I due attori, stabilitisi nella “città della fiera”, acquistarono degli appezzamenti di terreno sui quali furono eretti due villini: uno situato in Via di Scandicci Basso (odierna Via Dante, 13), l’altro posto all’angolo di Piazza Matteotti e Via Mangani.
La presenza dei due attori nel territorio scandiccese fu fondamentale per lo sviluppo culturale della città: costoro, infatti, furono tra i promotori della Società (poi Accademia) Filodrammatica “Alessandro Manzoni”, società che metteva in scena le proprie opere in un teatro allestito provvisoriamente nell’odierna Piazza Piave. Nel 1873 l’Accademia Filodrammatica Scandiccese chiese all’amministrazione comunale un terreno per potervi edificare un teatro, il “Manzoni”, oggi Cinema Cabiria. Due anni più tardi al sodalizio furono concessi due lotti di terreno a titolo gratuito, sui quali, su progetto di Vincenzo Micheli, venne costruito il teatro tra il 1876 e il 1878, anno in cui il Morelli venne nominato “socio accademico” del sodalizio scandiccese.
Le strutture del “Manzoni”, che si presentava con una pianta ad “U”, erano completamente in legno e poteva ospitare fino a 200 spettatori; esso disponeva di nove palchi divisi in due ordini e una galleria, mentre sul soffitto furono collocati gli apparati meccanici e tecnici utili alla messa in scena. Il sipario, distrutto nel 1949, venne dipinto da Federico Andreotti, amico della famiglia Benini di Scandicci, per la quale eseguì i ritratti di Cesare senior (dirigente della Filarmonica Scandiccese) e Amedeo.
Il Teatro “Manzoni” fu inaugurato la sera del 28 agosto 1878 con tre pièce teatrali italo-francesi, alla presenza del primo cittadino scandiccese, Antonio Galletti, degli attori Marini, Morelli e altri “big” dell’epoca.
Dopo aver ottenuto un cavalierato e una speciale pensione annuale dal re in persona, Alamanno si spense a Scandicci il 10 gennaio 1893 «per probabile perforazione intestinale».
La morte del Morelli suscitò grande commozione tra gli intellettuali dell’epoca. La modesta abitazione di Via Dante non riusciva a contenere i colleghi e gli ammiratori di Alamanno: oltre all’amministrazione comunale di Casellina e Torri, vollero rendere omaggio al «caro estinto», inviando alla famiglia telegrammi e corone funebri o semplicemente recandosi a Scandicci, i membri della Compagnia Corsini, quelli della Società Corale e di Mutuo Soccorso di Scandicci, il direttore del Teatro Niccolini Ulisse Saccenti, Tommaso Salvini (in qualità di rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione), Luigi Rasi, Guido Carocci, Giuseppe Giacosa e Giovanni Verga.
Il funerale si svolse nella gremita «chiesa di Scandicci», cioè Santa Maria a Greve: «Dopo le preghiere», narrano le cronache, «accompagnate dalla musica si prese la via del cimitero, dove si arrivò tra il freddo intenso dopo le sette». Morelli venne salutato dall’elogio funebre di Tommaso Salvini e Gattesco Gatteschi e seppellito nel cimitero scandiccese di Sant’Antonio, nel settore ove riposa anche la seconda moglie dell’attore, la romana Amalia Nani-Cremonesi (deceduta nel 1908).
Il suo sobrio monumento funebre, con capitelli neorinascimentali ( di gusto rovezzanesco), inaugurato nel 1894, è opera di Mario Salvini, figlio del già citato Tommaso e futuro docente dell’Istituto d’Arte di Firenze, mentre l’epigrafe la compose Luigi Suñer, al quale si deve anche il testo della lapide posta sulla facciata di Casa Morelli, lapide commissionata dal Saccenti nel 1909.
La tradizione artistica del Morelli verrà colta dalla nipote, la famosa Rina, compagna sulle scene e nella vita di Paolo Stoppa, nel cui curriculum leggiamo che ella venne selezionata per doppiare una delle fate nell’edizione italiana de La bella addormentata nel bosco di Walt Disney.
Leonardo Colicigno Tarquini
Bibliografia consultata
«Vita Moderna, Giornale d’Arte, Scienza e Letteratura», 2 ( Dicembre 1893), pp. 1-4, in part. 1-2;
«Rivista teatrale italiana d’arte lirica e drammatica», 7 (1908), voll. 12-14, pp. 1- 432; in part. 114-115;
T. Megale, Alamanno Morelli, voce in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 76 (2012);
M. Bagni, 150 anni di cinema e teatro a Scandicci- Accademia Filodrammatica Alessandro Manzoni, Scandicci, Centrolibro, 2019.