Adolescenti e social, la fotografa che insegna l’utilizzo responsabile delle immagini
Chiara Mancini tiene corsi per educare i giovani a raccontare il proprio punto di vista senza screditare e screditarsi, con uscite fotografiche in città. E ha scelto di aderire al circuito OkMissDora per sostenere la comunità.
Le cronache riportano quotidianamente notizie di persone distrutte da fotografie che hanno indebitamente girato per la rete. Circondati da smartphone, iperconnessi, chiunque è a potenziale rischio di vedersi in un attimo screditato sui social. Un momento di debolezza ripreso in uno scatto, o peggio un attimo di intimità, finito nelle mani di chi con troppa leggerezza, per dileggio, malizia o meschinità inoltra all’amico senza troppo pensare e la frittata è fatta. Oppure, anche per poca riflessione, talvolta la frittata la facciamo da soli, credendo che l’immagine rimanga in una ristretta cerchia di amici e invece, in poche ore, ottiene migliaia di inoltri e condivisioni, rovinando reputazioni.
Un rischio a cui siamo esposti tutti, a qualsiasi età; ma i più colpiti sono gli adolescenti, vuoi per la loro costante iperconnessione ai social network, vuoi per l’immaturità, vuoi per la fragilità che porta ad accusare e soffrire ancor di più il giudizio screditatorio degli altri. Per questo un’educazione a un utilizzo responsabile, è fondamentale ancor prima di mettere un telefonino in mano a un giovane. E c’è chi nella nostra città ne ha fatta una missione.
Chiara Mancini, fotografa fiorentina di buon successo e mamma, si è posta il problema ed è voluta scendere in campo con la sua pluridecennale esperienza di comunicatrice per immagini.
«Una foto ha un potere enorme, oggi più che mai – spiega Chiara – Le immagini sui social viaggiano più lontano e velocemente delle parole. Se metto una foto su un social, tutti la potranno vedere e rimarrà nel tempo. Dobbiamo educare i ragazzi a utilizzare in modo costruttivo e responsabile le fotografie». E così, armata di pazienza e coraggio, da tre anni, ha creato dei corsi di fotografia specifici per adolescenti. A frequentarli, ragazzi delle scuole medie, superiori e anche giovani adulti.
Nessuna demonizzazione di uno strumento che invece può avere una forza narrativa enorme: «Se posto una foto che fa parlare, riflettere è un discorso. Se invece posto una foto che può ferire, è un altro. La fotografia deve raccontare, portare un messaggio. Non per forza cosa belle, ma meditate. Cerco di educare a utilizzare i social in maniera consapevole, a insegnare che la foto deve dare un messaggio, che racconti il proprio punto di vista senza screditare. I social hanno un potenziale molto forte e non possiamo pensare di non utilizzarli e non considerarli; hanno una parte importante nella vita di tutti, nei grandi, ma ancor più dei ragazzini».
Tra i social poi, quelli che comunicano per immagini hanno un ruolo ogni giorno più rilevante. La comunicazione progressivamente sta divenendo sempre più per immagini e sempre meno testuale. Basti vedere quanto, tra i giovani Instagram stia surclassando Facebook, che è diventato il social degli over 35, mentre Twitter stia costantemente perdendo terreno. Ma evoluzioni dei linguaggi e tecnologia sono andate avanti, rincorrendosi e alimentandosi reciprocamente: «Nella prima fase di internet, l’immagine non era considerata così importante quanto il messaggio. Ma la qualità delle immagini ora è notevolmente incrementata, anche grazie alle aumentate potenzialità dei telefonini. Credo che grazie a questo, oggi, ci sono tanti ragazzi e ragazze che hanno piacere di avere foto belle e significative».
«Mi chiamano perché vogliono avere delle foto di quel giorno particolare, che siano un racconto – continua l’artista – Vogliono utilizzare i social per narrare, per dare un messaggio. E questo messaggio può essere anche semplicemente il bene che vuoi alla tua amica, o verso il proprio animale. Alle volte, vengono per mettersi in mostra, ma cerco di far capire la portata di una fotografia, che quel messaggio rimarrà. Quando vengono da me ragazze che chiedono di essere fotografate in pose provocatorie e discinte non accetto, e neppure se sono maggiorenni: da mamma non lo faccio, mi sento di dover preservare la loro immagine».
Non solo consapevolezza e maturità, ma tra gli aspetti per niente secondari che Chiara cerca di trasmettere nei suoi corsi, in una generazione dove il fenomeno hikikomori sta diventando una piaga generazionale, ci sono anche la socialità e la fiducia in se stessi : «Normalmente sono cinque o sei ragazzi che non si conoscono: cerco di metterli insieme fare delle uscite fotografiche, di farli interagire tra loro. Nascono così delle amicizie che proseguono anche dopo i corsi. Le lezioni in studio si riducono al minimo, giusto le prime per insegnare i rudimenti. Sotto Natale abbiamo fatto le luci del centro, poi è piaciuto loro moltissimo la street art. Cerco di parlare la loro lingua, non sto a spiegare gli aspetti tecnici e li spingo a raccontare. All’inizio partono con il telefono, poi loro stessi chiedono la macchina fotografica. Questa per me è un grande soddisfazione…».
E quanto può essere un’amica fedele la fotocamera in quella che per antonomasia è l’età delle insicurezza, Chiara lo sa bene, lo ha vissuto sulla propria pelle. Perché è proprio quegli anni delicati, che lei, ragazzina timida, si è resa conto quanto può aiutarti a scoprire e a scoprirti l’obiettivo: «La passione per la fotografia è nata proprio allora – svela – La macchina fotografica ti aiuta a esprimerti e a nasconderti nel periodo difficile dell’adolescenza. Mi permetteva di vedere e rivedere il mondo senza farmi osservare».
Da lì l’inizio della passione: «Ho iniziato con macchine semplicissime, semiautomatiche. Poi piano piano è venuta la curiosità di vedere come facevano i fotografi. Finite le medie la mia idee la mia idea era di seguire con la fotografia. Ho iniziato le superiori nel ’90 e non era una strada facile da percorrere; perciò ho proseguito con altri studi, mi sono laureata ho fatto tutto un altro iter lavorativo. La fotografia rimaneva un percorso parallelo».
La passione si trasforma in carriera, quando in Chiara matura una consapevolezza: «Quando sono rimasto incinta del mio bambino, mi sono resa conto che il lavoro che facevo non era quello che mi rendeva più felice. Sentivo che la mia strada era un’altra: perciò mi sono adoperata perché quella strada diventasse reale. Da lì le cose sono cambiate quasi da sole, via via che la strada andava avanti, sembrava che si spianasse per arrivare un obiettivo. Non dico che sia stato facile, e non è stata neppure una scelta accettata in modo così semplice. Ma mi rendevo conto che stavo trovando la strada giusta. Ho avuto la fortuna di trovare uno studio fotografico che cercava collaboratori, sono stata in questo studio per cinque anni. Poi per la crisi della pandemia Covid lo studio ha chiuso; mi sono rimboccata le maniche, ho cercato uno spazio per poter lavorare e oggi ho il mio piccolo studio, la mia attività che si sta affermando».
Si fa presto a dire fotografia; l’arte fotografica è fatta di una miriade di ambiti, discipline, tecniche. E Chiara ha saputo ritagliarsi la sua, seguendo quella strada che che via via la porta, è proprio il caso di dirlo, verso il suo obiettivo: «Lo studio per cui lavoravo prima, faceva di tutto ed è stato molto formativo: fotografia congressuale, sportiva, pubblicità.. La mia attività invece si è incanalata negli eventi, i matrimoni e il ritratto. Sulla fotografia delle persone. Mi piace raccontare i loro momenti, la loro storia. Per questo non scatto in posa, ma cerco di farlo nella loro naturalezza. Per farlo, è necessario conoscersi: prima di ogni matrimonio, c’è un momento di conoscenza con gli sposi, con i genitori, mi rendo conto che rende il lavoro più semplice ma soprattutto più realistico il giorno del matrimonio. Quando fotografi, normalmente, hai un punto di vista soggettivo, ma devi riuscire ad averne anche uno oggettivo, ti devi mettere nei panni dei clienti. hai una grande responsabilità: penso sempre che saranno le foto che vedranno i nipoti, è un racconto che rimarrà negli anni».
Tra tutti i soggetti, però, «in particolare mi piace fotografare i bambini, ci vuole tanta costanza per raccontare il loro mondo, il loro linguaggio, mi piace vederli giocare insieme, vederli abbracciare insieme e sono questi i momenti che attendo per scattare; e la stessa cosa gli animali domestici… anche loro sono una meraviglia!»
C’è poi l’altra attività, i corsi di fotografia, e non solo per ragazzi: «Per tutti – dice Chiara – Dai bambini fino agli anziani, per tutte le età e tutti i livelli, da base a esperto». E quello che dà più soddisfazione, è certamente il principiante, seguirne l’evoluzione e vederlo non solo imparare, ma soprattutto superare i propri timori: «La prima cosa che vedo nei miei corsisti è la paura quando si prende la macchina fotografica in mano. La fotografia è molto diversa quando lo fai per te e la fai per qualcun altro….». Qui sta la bravura dei fotografi rispetto agli amatori: «Fotografare ciò che ti è stato commissionato, filtrato dalla tua soggettività, ma come vuole il committente».
Svolgere una professione dedicandosi all’altro e non solo al cliente, ma alla comunità intera. Questo è l’aspetto che ha fatto associare Chiara Mancini al circuito Okmissdora: «Perchè mi piace molto il progetto di sostegno alle associazioni, poter dare una parte del mio lavoro a un’associazione. Ho avuto per tanti anni io stessa un’associazione culturale e abbiamo dovuto chiudere perché la nuova riforma del terzo settore è stata mortale. Forse, se qualcuno ci avesse supportato, il nostro progetto a beneficio di tutta la comunità sarebbe ancora attivo. Non voglio che succeda ad altre associazioni. Se ci fosse stato OkMissDora forse non avremmo chiuso: sono contenta perciò che una piccola percentuale di quello che i miei clienti pagano, vada a sostenere l’associazionismo locale».
Per informazioni: https://www.okmissdora.it/Associati/photokiara/