Ieri la Guardia di Finanza, in un’operazione congiunta con i Carabinieri, ha sequestrato a un imprenditore calabrese di 51 anni accusato di usura beni mobili e immobili per circa due milioni e mezzo di euro (ovvero sedici rapporti finanziari, due auto, una quota sociali e tre fabbricati). All’uomo, finito sotto processo, era già stata comminata una condanna a tre anni e dieci mesi di reclusione, 10mila euro di multa e 19.500 euro di confisca a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti in patteggiamento
Tuttavia l’attività degli non si è fermata, all’aspetto penale, ma ha voluto accertare anche l’origine di tutta la ricchezza accumulata dall’usuraio.
Si è eseguito così un provvedimento coordinato dalla Procura della Repubblica di Firenze, sotto la direzione del procuratore Giuseppe Creazzo, tra le Fiamme gialle dei Comandi provinciali e la Benemerita della Compagnia di Firenze Oltrarno. L’indagine era nata dalla denuncia di una delle vittime, un’imprenditrice fiorentina, che dopo esser caduta per anni nelle grinfie dell’usuraio ha trovato il coraggio di rivolgersi alle Forze dell’ordine.
Si è scoperto così che lo strozzino aveva fatto molti altri prestiti ad altri piccoli imprenditori, per lo più commercianti fiorentini, che si rivolgevano a lui spesso colti da momenti di disperazione finanziaria, e arrivavano ad accettare tassi anche superiori al 300% l’anno da restituire in tempi brevissimi, tra uno e tre mesi. Tra le vittime sono state accertate nelle indagini sei tra titolari di bar, ristoranti e negozi di Firenze e dintorni. Uno dei luoghi preferiti per le sue losche trattative era il parco delle Cascine, dove sono stati seguiti dagli operanti alcuni incontri con uno degli esercenti finiti nelle sue mani.
Era persino arrivato a chiedere una casa a pegno del debito: nella perquisizione eseguita nei confronti del 51enne è stata infatti trovato come forte indizio la planimetria catastale dell’abitazione di una vittima.
Una volta divenuta definitiva la pronuncia penale emessa, su impulso dell’Ufficio di contrasto dei patrimoni illeciti della Procura di Firenze, sono entrati in campo i Carabinieri del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo e gli specialisti del G.I.C.O. della Guardia di Finanza nell’aggressione dei proventi illeciti, che hanno approfondito ogni dettaglio dell’asset patrimoniale del condannato o, comunque, a lui riconducibile – spiegano Carabinieri e Guardia di Finanza in una nota congiunta – L’art. 240-bis del codice penale, infatti, prevede la confisca dei beni di cui i condannati per determinati gravi reati, tra i quali l’usura, non possano giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultino essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato (cd. confisca allargata o per sproporzione).
Si presume, in sintesi, che le spese che superano i redditi dichiarati siano finanziate con i proventi dei reati per i quali il soggetto è stato condannato. Si tratta di uno strumento di portata assai significativa in quanto riesce ad aggredire tutto il patrimonio a disposizione del nucleo familiare o di eventuali prestanome.
L’attività del G.I.C.O. della Guardia di Finanza e del R.O.N.I. dell’Arma dei Carabinieri, quindi, si è sostanziata nell’esecuzione di analitici accertamenti patrimoniali nei confronti di 9 soggetti (5 persone fisiche e 4 persone giuridiche). Si tratta di un’approfondita analisi di come e quando sono stati acquistati beni mobili e immobili dal nucleo familiare del condannato o da società e soggetti a lui riconducibili, i c.d. “prestanomi”, riscontrata con le fonti reddituali dichiarate al fine di accertarne la coerenza. Sono stati ricostruiti, pertanto, i redditi del nucleo familiare del soggetto per gli anni in cui ha effettuato l’attività di usuraio e confrontati con le spese documentate e quelle presumibili per le normali attività familiari, dimostrando che, nei 7 anni esaminati, il nucleo familiare del condannato aveva acquisito beni per alcune centinaia di migliaia di euro, in eccesso rispetto ai redditi dichiarati. Da qui la presunzione che tutto il patrimonio fosse inquinato dalla provenienza illecita dei proventi e la conseguente proposta di sequestro patrimoniale, predisposta dai P.M. Dott. Luca Tescaroli – Procuratore Aggiunto – e dalla Dott.ssa Christine von Borries, i quali hanno avanzato motivata richiesta di confisca per sproporzione ai sensi dell’articolo 676 c.p.p. in relazione all’articolo 240 bis c.p. al Dott. Gianluca Mancuso – Giudice del Tribunale di Firenze, che l’ha accolta, emanando il decreto oggi eseguito congiuntamente da Guardia di Finanza e Carabinieri».
Si tratta inoltre della prima confisca per sproporzione eseguita dal Tribunale di Firenze in fase successiva alla condanna, fatto che spiegano I comandi provinciali di Guardia di Finanza e carabinieri, «conferma le potenzialità di questo strumento nell’aggressione patrimoniale della criminalità, potendo andare ad interessare non solo il provento o il frutto del reato, ma tutto il patrimonio riconducibile all’indagato».