Rapina nel tardo pomeriggio sotto minaccia di una pistola per appena venti euro alla titolare del negozio Fashion dream di via Franceschini
L’appello a Isolotto Legnaia per rintracciare il criminale: «A quell’ora le strade sono piene di gente, sembra impossibile che nessuno abbia visto qualcosa»
«Nel pomeriggio qui c’è sempre via vai di gente: l’ambulatorio e la farmacia sono aperti fino a tardi, qualcuno deve averlo visto per forza, aiutatemi a rintracciare il rapinatore. Io chiedo di trovarlo, non tanto per il danno economico, che è stato minimo, ma perché penso cosa sarebbe potuto succedere se in quel momento fose entrata in negozio una cliente, una mamma con un bambino?». È l’appello che rivolge a Isolotto Legnaia Teresa Luccisano, la giovane commerciante del negozio d’abbigliamento Fashion dream di via Franceschini, quasi d’angolo con viale Talenti, che martedì è stata rapinata da un criminale che le ha puntato la pistola addosso e l’ha costretta a consegnargli il magro incasso.
Un appello, che a caldo, la negoziante ha subito fatto anche sui social ed è diventato virale. Ma finora nessuno dei tanti passanti si è fatto vivo, nessuno ha visto nulla, nessuno ha visto in che direzione è andato: «C’era tanta gente e questo era a volto scoperto – ha continuato la ragazza – Si sa mai che qualcuno che è passato possa riconoscerlo, dare qualche indicazione. Io saprei riconoscerlo. Aveva la carnagione olivastra, alto circa un metro e ottanta, corporatura normale, capelli castani corti, occhi castani, dall’aspetto credo che potesse essere di origine rom, ma parlava italiano perfettamente, forse con un leggero accento pugliese. Dall’aspetto non sembrava un tossicodipendente, come hanno ipotizzato alcuni. Aveva una giacca a vento, un cappellino, pantaloni larghi, non di jeans ma normali, scarpe scure».
Nessuna telecamera in negozio, al momento della rapina, a riprendere quegli attimi di paura. Solo adesso, dopo questo evento che l’ha profondamente scossa, la 34enne, che ha aperto l’attività apena a ottobre, si è decisa a installare un sistema di allarme e videosorveglianza: «Conosco questa zona, la vivo da tempo, anche se ho aperto il negozio solo quattro mesi fa – ha detto Teresa, di origine calabrese, ma nel Quartiere da dieci anni – La percepivo come una zona tranquilla. Non avrei mai creduto potesse accadere una cosa del genere. E invece…»
Ciò che colpisce non è l’entità della rapina, ma la tranquillità con cui il delinquente ha agito. Atteggiamento compassato, sicuro di ogni mossa, estrema e ostentata calma: «Erano circa le 19,20, ero quasi in chiusura, perché il negozio chiude alle 19,30 – ha raccontato Teresa – Io ero presa dal sistemare i nuovi arrivi, ero tranquilla e anche lui è entrato tranquillo. È venuto verso di me e si è tirato su il colletto del giubbino. A primo impatto lo avevo addirittura scambiato per un mio vecchio amico, che non vedevo da tanti anni. Di solito ho il blocco alla porta, in quel momento mi ero dimenticata di metterlo; ma tanto non sarebbe servito a niente, perché sembrava un cliente normalissimo».
«Si avvicina e mi dice, con molta calma, come se fosse la cosa più naturale del mondo: “Se non vuoi morire dammi tutto“. Sono stata ferma e incredula, non capivo se era uno scherzo; ha tirato fuori dai pantaloni una pistola a tamburo a canna corta, grigio chiara, e ha continuato: “Avvicinati alla cassa“. “Ma io non ho niente”, ho risposto io; ed era praticamente vero perché avevo già depositato il poco incasso. Gli ho aperto la cassa, gli ho fattto vedere che avevo solo venti euro, continuavo a dirgli “Non ho niente in cassa” e lui “Apri la cassa, apri tutto – ha continuato lui, indicando con la pistola – Alza, leva tutto“, poi quando ha visto che non avevo niente neanche sotto i portamonete, mi ha sfilato i venti euro di mano. La mia paura era che questo non si accontentasse dei due soldi che avevo in cassa. Per fortuna non mi ha chiesto altro. Nè il mio portafoglio, né la fede, né altri effetti personali. Inoltre, rispetto ad altri casi che ho sentito, non è stato violento. Poi si è allontanato normalmente, senza scappare, come un cliente qualsiasi»
«Per chi lo avesse visto dalla vetrina, passando, da lontano, sarebbe sembrato un semplice cliente pagante alla cassa. Manteneva un atteggiamento calmo per questo, probabilmente. Ha preso i soldi di mano, ben attento a non toccare niente per non lasciare impronte digitali. Da qui passava, mentre usciva, un ragazzo che stava andando verso l’ambulatorio, si sono incrociati. Lui può aver visto dove stava andando (se leggesse quest’intervista, può contattare la titolare, ndr). Dei negozi intorno, nessuno ha visto nulla, neanche dagli ambulatori».
«Appena è uscito, mi sono chiusa a chiave dentro il negozio e mi sono nascosta sotto il bancone, per la paura che tornasse, arrabbiato, perché avevo solo 20 euro. Non ho chiamato subito i carabinieri, il mio primo istinto è di chiamare i vicini del piano di sopra, che sono miei amici. Elabori dopo, in quel momento non realizzi».
«Colpisce la semplicità con cui l’ha fatto, parlava a bassa voce, sembrava davvero uno scherzo, il tono non si addiceva assolutamento a quello di una rapina. Ci sentiamo impotenti. Io ero sola. Possibile che su viale Talenti non ci sia una telecamera? I vigili passano molto raramente, giusto quando ci sono stati i lavori e quando c’è la pulizia strade. I Carabinieri e la Polizia ancora meno frequentemente. Spesso vediamo situazioni molto equivoche. Ci sono persone sospette, per lo più rom, che passeggiano per viale Talenti e si dirigono ai giardinetti di via Pietro da Cortona dove hanno strani giri, se i cancelli sono chiusi, scavalcano le recinzioni per entrare. È un via vai continuo. Inoltre c’è un ragazzo che alcuni clienti mi dicono che assomigli molto alla descrizione che ho appena fatto, che ha stazionato per diverso tempo qui all’angolo, guardando il negozio».
«Ho lavorato per sei anni in via Palazzuolo, in un ristorante, non mi è mai successo nulla, nonostante sia una delle vie più in mano al degrado di tutta Firenze. Sono tornata ogni notte da lavorare con la tranvia, all’una di notte, dove girano molti brutti ceffi e non mi è mai successo nulla, nonostante di episodi che mi hanno spaventata ne siano successi diversi . Ma avrei pensato che avrei avuto da temere qui, a Legnaia, in pieno pomeriggio, con la gente che passa. Sono meridionale e tanto si dice su ciò che accade in Meridione, ma io non avrei mai pensato, aprendo un attività a Firenze, che potesse accadermi questo».
«La paura è tanta, soprattutto alla sera, perché il parcheggio è buio. Continuo a vedere pericoli ovunque. La sera ogni passante mi fa temere. Ieri sono andata nel panico, perché ho visto una persona con il bavero del giubbotto alzato».
«Mio marito mi ha visto molto scossa, è preoccupato per me. Chiudiamo il negozio, non si apre più, mi ha detto. Poi mi sono fatta coraggio: ho aperto quattro mesi fa, non posso chiudere per un gesto del genere, non sarebbe giusto. Ho lasciato il mio posto dipendente fisso per realizzare il mio sogno. Non mollo».