Alla scoperta delle baracche verdi: inizia il viaggio
Inizia un viaggio alla scoperta delle baracche verdi, cuore dello spirito associativo e di comunità dell’Isolotto vecchio
Stanno nel cuore dell’ Isolotto vecchio e si chiamano baracche verdi, eppure non sono né baracche né verdi… la storia
Per chi abita all’Isolotto vecchio sono una presenza familiare, le baracche verdi. Per i nuovi arrivati sono misteriosi edifici a un solo piano, quasi case in stile viareggino, sparpagliate tra via delle Acacie, via degli Aceri, viale dei Bambini, via delle Mimose. Si sa solo vagamente che sono sede di associazioni. In realtà le baracche verdi sono il cuore della comunità dell’Isolotto. Sono state il luogo principale della socialità, ma anche delle contestazioni, della storia dell’Isolotto. Un luogo simbolo, purtroppo oggi quasi sconosciuto ai giovani e ai nuovi residenti. Un luogo da non dimenticare. Perchè se i ragazzi d’oggi certamente conoscono bene la Bibliotecanova, il Sonoria, il Kantiere, la fattoria dei ragazzi e gli altri spazi pubblici del “nuovo isolotto”, lo dobbiamo ai vecchi di oggi e di ieri che per creare questi spazi comunitari ci hanno speso l’anima. Una memoria da non dimenticare, e le baracche verdi ne sono il simbolo da continuare a vivere e far vivere.
La prima cosa che ci siamo sempre chiesti, noi della nuova generazione di Isolottini, è perché tutti le chiamino baracche verdi. Non sono verdi e a dirla tutta neppure baracche: sembrano case vere e proprie. Per capire il perché dobbiamo tornare indietro con i racconti dei vecchi a quasi 60 anni fa. Quando l’Isolotto vecchio era nuovo di pacca, un vero e proprio territorio di frontiera dove tutto doveva ssere inziato da capo. E quei primi Isolottini avevano lo spirito e le energie dei coloni che costruiscono una nuova città. Non avevano neanche una scuola, quei primi Isolottini, e di voglia di imparare ne avevano tanta. Così come di voglia di fare, e il saper fare, costruire a nude mani certo non mancava. Fu così che partirono le prime mobilitazioni popolari, la scuola. Con quello spirito per la ricostruzione, fisica e morale, di un’Italia nuova che solo in quegli anni si aveva, i protoisolottini non fecero discorsi: martelli, seghe, chiodi, legname e giù a rimboccarsi le maniche. Si attivarono così quei “Cantieri per disoccupati” voluti da quel sindaco Giorgio La Pira, tanto amato dai Fiorentini. Asse dopo asse, chiodo dopo chiodo, nacque così la prima scuola elementare dell’Isolotto. Una mancata di baracche, che furono appunto dipinte di verde. Forse per stare in tono con quel quartiere giardino, o forse perché il verde è il colore della speranza, speranza di un mondo nuovo per quella comunità nascente.
Così le baracche verdi rimasero per un buon decennio la scuola dell’Isolotto,fino alla costruzione della scuola della Montagnola, propaggine di quel quartiere giardino, luogo simbolico di rinascita. Ma questa è un’altra storia, che rimandiamo a un prossimo articolo. Le baracche verdi, nate da tanto spirito di comunità, di coooperazione, non potevano essere solo una scuola dove si andava a imparare, già pur nobilissimo scopo; dovevano per forza di cose essere qualcosa di più. Perché alla nascita erano stato simbolo di unione di una comunità. Diventarono un punto di aggregazione e di confronto di tutti. Fino a quando non furono chiuse, per l’arrivo della Montagnola, appunto.
Ma al destino non si sfugge. Passarono pochi anni e quello spirito di comunità, di accoglienza, di mutuo aiuto tornò a farsi sentire preponderante. Da una disgrazia collettiva si riscopre la vera fratellanza, come spesso succede. Successe quel terribile 4 novembre del ’66 quando gli Isolottini furono travolti dall’alluvione del vicino Arno. Le baracche verdi furono subito elette come base operativa per il Centro di soccorso. Da qui comincia la storia delle baracche verdi come luoghi di partecipazione popolare per la gestione della comunità e del territorio.
Dal ’66 arrivò presto il ’68, di cui tutti conosciamo lo spirito di rivoluzione sociale. E quello che si può considerare l’inizio delle baracche verdi come sede associativa. Il viaggio prosegue...
Ciao.
Le baracche verdi si chiamano così perché erano delle costruzioni in legno colorato di verde e si trovavano nel 1954 alla fine di via dei Pini angolo via dei Platini. Dopo furono trasportate dove ora c’è il circolo pensionati e prima dei pensionati c’era la scuola elementare.Io c’ero sono qui dal 1954.
Anche io c’ero abitavo in via palazzo dei Diavoli al 161 poche case vecchie : la cosiddetta Quercie. Ho conosciuto il barcaiolo che con la sua barchetta si attraversava l’Arno ..ho visto nascere l’isolotto .. alle Baracche Verdi ho frequentato dalla seconda alla quinta elementare ( la prima alla scuola di legnaia ) le baracche erano in costruzione . Ho fatto la prima comunione con Don Enzo Mazzi ..La mia maestra si chiamava Rosanna Sanfilippo la mia infanzia e’ tutta all’isolotto . Ricordi stupendi pieni di nostalgia .