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Hanying Tso, il riscatto culturale della Cina in Italia

Hanying Tso, la prima cantante lirica cinese a essersi esibita sul palco della Scala abita proprio nel nostro Quartiere. Siamo stati a intervistarla.

C’è una Cina a noi sconosciuta, tanto antica quanto nuova. Da una parte una tradizione millenaria, caratterizzata da un’atavica ricerca della perfezione, della raffinatezza; dall’altra una Cina cosmopolita, nuovo fulcro del mondo, nuova officina di energie culturali. E poi, dall’altra parte del globo,  c’è un’Italia che vale molto più di quanto noi italiani, sempre così critici nei confronti di noi stessi, pensiamo. Un’Italia che nel mondo è espressione di cultura, di gusto, al contempo di classe e di saper vivere con semplicità. E all’interno di quell’Italia, c’è la Toscana, dove queste qualità sono elevate all’ennesima potenza. Il punto di congiunzione tra questi  mondi così diversi (e controversi) sì chiama Hanying Tso.

Hanying Tso  è la prima cantante lirica cinese ad aver ricevuto un contratto dal Teatro della Scala di Milano. Nel 2003 si esibisce sul palco meneghino con duemila persone davanti e con il cuore che batteva all’impazzata. Ma soprattutto con la consapevolezza che, a neanche 25 anni, stava ponendo una pietra miliare nella storia del canto lirico. Da allora gira il mondo insegnando e cantando nei più importanti teatri di Europa, Asia, Oceania. Ma al di là dell’aspetto artistico è l’enorme valore di vettore culturale e sociale a colpire. Questo vivere sospesa tra quelle realtà che dicevamo prima, fa scoprire tanto le affinità quanto le differenze, ma soprattutto crea nuovi paradigmi.

Lo capisci dal linguaggio non verbale, dove la compostezza orientale si fonde con la gestualità del Belpaese. Da quelli sguardi malinconici che cedono velocemente il passo a  improvvisi sorrisi, quando parla di questo o di quel Paese. La incontro per pranzo. Un’intervista che non sarà mai un’intervista, perché a volte il giornalista capisce molto di più a lasciare penna e blocchetto in tasca, a lasciarsi trascinare dalle storie di vita. Lo comprendi già da come mangia, dalla celerità con cui passa dalla forchetta alle bacchette, da come assapora il cibo. È uno studio attento quanto istintivo, non c’è ingordigia, ma ricerca dei sensi. Senza artificiose ricerche e senza velleità. È quello che sta alla base dell’arte, di cui l’artista è l’interprete e mediatore.

Hanying TsoMa c’è di più. E questo è il valore maggiore, più ancora della Hanying Tso cantante. Ed è qualcosa di cui neanche lei, probabilmente si rende conto.

Ci sono concetti che dai per scontati, pregiudizi che non ti rendi conto di avere. Li dai per dati di fatto, generalizzazioni che servono per crearsi una visione del mondo e ti fanno stare sicuro nelle tue categorie interpretative. Ma che come tutte le generalizzazioni, mai corrispondono a verità. I Veneti amano tutti bere la grappa, i Tedeschi sono tutti alti, biondi e precisi, i Brasiliani hanno tutti il ritmo e il calcio nelle vene.

I Cinesi, invece, secondo lo stereotipo italiano, sono tutti dei grandi lavoratori, ma attaccati ai beni materiali, un po’ rozzi, poco attaccati alla cultura, alla poesia, all’arte. Questo perché l’italiano medio conosce solo quella classe operaia cinese che è venuta qui in cerca di fortuna (spesso riuscendoci), a lavorare 15 ore al giorno nelle fabbriche, nei ristoranti, nei negozi  di piccole cianfrusaglie. Ma non c’è niente di più sbagliato nell’interpretare così il popolo di un Paese che ha una storia che comincia qualche millennio prima della nostra. Hanying Tso è la prova più tangibile di quanto questo sia un pregiudizio. Probabilmente non se ne rende conto, ma lei, la sua storia, è il riscatto sociale per un popolo intero. La senti cantare, ci parli, la ascolti e subito qualcosa ti colpisce, ti fa percepire tutti quei millenni di storia, di cultura. È quella pacatezza, quella raffinatezza di una Cina nobile, sconosciuta. E poi vedi i suoi allievi: l’espressione di una Cina nuova, dove il benessere si sta affermando e  trova finalmente il tempo e lo spazio per riscoprire quei bisogni culturali e artistici. Vedi la passione con cui decine di studenti cinesi vengono a imparare la lirica da lei, il canto pucciniano, e al contempo trovi i nostri giovani italiani che pensano che la musica siano i vari Fedez, poi non conoscono Puccini. E ti poni tanti interrogativi sulle direzioni culturali.

Hanying Tso è tutto questo. In Italia da quasi 20 anni, soprano pucciniano tra le più promettenti al mondo, intellettuale eclettica, riscatto sociale di tanti cinesi emigrati. Eppure neanche lei se ne rende conto. Se glielo dici, quasi ne ha timore.  E se la vedi per Firenze, ti sembra una ragazza come tante. Nessuna sofisticatezza o superbia. Entusiasmo, semplicità, passione. Ma al destino non si scappa: benvenuta nella storia.

 

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