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#1 Nureyev dietro le quinte: «Incredibile, un uomo così, era un rifugiato senza cittadinanza»

«Sale un uomo vestito tutto in verde, con un mantello grande come un re, tutto nei colori di Missoni, i suoi passi elastici, le scale del palazzo barocco, che gestivo a Vienna. Mi stringe la mano, forte e caloroso, stiamo bene insieme subito».

(…) Prosegue da Nureyev dietro le quinte, un’intervista esclusiva a Moser

Inizia il viaggio in sette puntate, alla scoperta dell’ultimo Rudolf Nureyev di cui poco si sa e parecchio sta purtroppo venendo dimenticato.

Oggi, a 29 anni dalla star (6 gennaio 1993), Franz Moser, suo più caro amico di quegli ultimi anni e manager della quinta incredibile carriera che pochissimi ricordano, quella da direttore d’orchestra, ha deciso di aprire i suoi ricordi a IsolottoLegnaia.

Partiamo dall’inizio: quando e perché hai conosciuto Rudolf Nureyev?

«Come tutti, conoscevo Rudolph come ballerino. Lo avevo visto la prima volta quando avevo dodici anni nel 1968, ero seduto accanto a mia madre alla Wiener Staatsoper. Rimasi incantato nel vederlo ballare con Paolo Bortoluzzi, un grande ballerino anche lui (che per coincidenza, hanno vissuto esattamente gli stessi anni: era nato il 17 Maggio 1938 ed è morto 15 Ottobre 1993, Rudolf nato 17 Marzo 1938, morto il 6 Gennaio 1993!). Mi ricorderò per sempre che siamo usciti da teatro dopo aver applaudito per 45 minuti, con le mani rosse e bollenti.

Un giorno del gennaio del 1991, Wilhelm Hübner, presidente dei Wiener Philharmoniker e mio caro amico, mi disse che c’era un celebre personaggio che aveva il desiderio di dirigere l’orchestra che avevo a Vienna. Prima questa persona aveva chiesto ai suoi Wiener Philharmoniker, ma Wilhem aveva dovuto dire di no, e quindi si era interessato alla mia orchestra. “Ma chi è questo celebre chi vuole dirigere?”, gli chiesi. “Rudolf Nureyev”, mi rispose Hübner. “Lasciami pensare un attimino”, dissi; e dopo due secondi: “Ok ci sto!”.

Fu Hübner a fornire a Rudolf, insieme con il Dr. Brunner, il direttore del balletto della Wiener Staatsoper, un passaporto austriaco nel 1981 quando vide che viaggiava sempre con un pezzo di carta sciupato di Monte Carlo, perché era senza cittadinanza. È incredibile che un uomo talmente famoso, avesse legalmente lo stato di un rifugiato senza cittadinanza e passaporto: alla fine è morto come austriaco, un fatto che mi rende orgoglioso.

Due mesi dopo questo incontro con Hübner sale un uomo vestito tutto in verde, con un mantello grande come un re, vestito tutto nei colori di Missoni, i suoi passi elastici, le scale del palazzo barocco, che gestivo a Vienna. Mi stringe la mano, forte e caloroso, stiamo bene insieme subito».

(segue: #2 Nureyev dietro le quinte: «Era un tartaro, come le guardie dello Zar» )

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