Quei campi di calcio gratuiti abbandonati a incuria e degrado
C'era quello ai giardini di via Dosio e quello alle Muse: per generazioni luogo di ritrovo dei ragazzi di Legnaia. Ora vengono illecitamente usate per i bisogni dei cani. La proposta caduta nel dimenticatoio di una loro rinascita
Le Muse e via Dosio, generazioni unite dal pallone
C’era quello ai giardini di via Dosio. E quello ai giardini delle Muse, in via Tribolo. In entrambi sono cresciute generazioni di bambini e ragazzi di Legnaia. Ginocchia sbucciate, stinchi contusi, sgridate delle mamme, disperate da quei pantaloni eternamente pieni di strappi e macchie d’erba. Polvere e solleone d’estate, freddo pungente d’inverno, fango, nebbia e scivolate d’autunno. C’è chi ogni pomeriggio era lì, tra i ragazzi del quartiere degli anni ’70, ’80, ’90. Erano i campi di calcio gratuiti dei giardini. Dove potevi andare ogni pomeriggio, senza pagare una lira. Dove nascevano amicizie che si rompevano in un fallo, volava un ceffone, poi si rinsaldavano in un abbraccio, cui seguiva quel goal che pareva impossibile. E poi i primi amori, le ragazze che guardavano dagli scaloni, un sorriso ammiccante, i primi baci rubati sulle panchine.
Quei campi irregolari, dalle misure fantasiose, ma con quel tanto che bastava a renderli perfetti: due porte, il perimetro circondato da un’alta recinzione, il manto erboso e vietato ai cani. Se crescevi a Legnaia, se volevi uscire con gli altri ragazzi, uscivi in una compagnia; e se uscivi in una compagnia, ti ritrovavi in un giardino con i tuoi amici. «Potevi scegliere in questo giardino: o eri del gruppo di quelli che giocavano a pallone al campino, o eri di quelli che stavano alle panchine, a farsi le canne – scherza Gabriele, oggi sulla quarantina, sulla crudezza di quella periferia degli anni ’90 – Oppure prima giocavi a pallone al campino, poi andavi alle panchine a farti le canne».
Il torneo Bianchi contro Rossi
«Era un ritrovo per i ragazzi che avevano voglia di giocare a calcio nel quartiere di Legnaia. Al campino di via Dosio si faceva un torneo con due squadre: quella dei Bianchi e quella dei Rossi – ricorda Francesco – C’era pure un arbitro, bravo, che abitava lì vicino e si vinceva una coppa. Era una partita molto sentita per i ragazzi dell’epoca, veniva fatta in estate, era stupenda, meravigliosa! Io e mio fratello si partiva, alle 7,30, me lo ricordo ancora, eravamo veramente euforici: per me era la partita del secolo, la aspettavo tutto l’anno. Dopo, c’era un ritrovo, dove si stava tutti insieme, c’erano le famiglie, si rimaneva lì a festeggiare… Era molto bello! Poi dopo hanno levato le porte, hanno distrutto tutto, quel campo è diventato un orinatoio. Le Muse invece non sono mai state un campo tenuto per bene; però ci si andava con gli altri ragazzi di quel giardino. Non era un ritrovo per noi di via Dosio, ma ci giocavamo lo stesso».
La fine di un’epoca
Con la fantasia di bambino, volta volta, generazione dopo generazione, eri Antognoni, Baiano, Rui Costa. Sembravano i campi di Holly e Benji, infiniti. Eppure sono stati un luogo di aggregazione e salvezza, quei campi di calcio. Senza pagare una lira, passavi le giornate, facevi sport, conoscevi amici. Ma soprattutto combattevi la noia, il nemico numero uno in adolescenza, per non prendere una brutta strada, per non incappare nei giri sbagliati. Oggi sono il fantasma di un’epoca che non esiste più. Le porte sono sparite, il terreno distrutto, pieno di buche, sono stati abbandonati al degrado. Di fatto sono diventati illecitamente aree per cani, martoriati di deiezioni canine e non solo.
E pure le panchine, quantomeno alle Muse, sono distrutte dall’inclemenza del tempo. Stecche che mancano, gore di ruggine. L’atmosfera di incuria si respira, compenetra e stona con quei dolci ricordi di chi lì è stato ragazzo. Oggi, sopiti dagli smartphone, estraniati in Tik Tok, i ragazzi di Legnaia non hanno più i loro due campi. Se vogliono giocare, devono pagare il noleggio di un campo da calcetto, o la tessera socio di una delle tante associazioni che, fortunatamente , ancora sul territorio qualche spazio per i ragazzi lo offrono. Ma quei due vecchi, storti, campi di calcio liberi, spariscono lentamente, sopravvivono solo nella memoria di quegli adolescenti con toni di felpatino e tute d’acetato, ginocchia sbucciate e stinchi contusi, oggi ragazzi con i capelli grigi.
‘(H)Ottanta nostalgia. Dalla prima rinascita all’attuale abbandono
Tuttavia non era tutto rose e fiori, il giardino ha avuto un suo periodo buio. Ma piano piano, curandolo, vivendolo, è rifiorito. Ed è proprio questo che Christian si augura che accada nuovamente: «Mi ricordo anche che negli anni ’80 per noi ragazzetti era impossibile andarci poiché era luogo di drogati, che lasciavano siringhe ovunque. Un giorno spero di vederlo rifiorire e magari vedendo la generazione successiva alla mia poter ancora solcare quel campo vedere ragazzini bambini che si divertono. Questo è uno dei miei sogni».
La proposta di una nuova rinascita caduta nel dimenticatoio
La proposta per la loro rinascita, eppure, era stata fatta, ormai anni or sono, quando la tranvia arrivò con il suo impatto nella zona. Fare dei piccoli campi da calcetto, purché ben tenuti e fruibili, occupando circa un terzo della superfice; mentre sui restanti due terzi, fare dei parcheggi pubblici e gratuiti, di cui i residenti hanno impellente necessità, giacché la zona da dopo l’arrivo del tram viene utilizzata come parcheggio scambiatore e i parcheggi sono diminuiti. Ma la proposta è caduta nel dimenticatoio da anni, inascoltata, sempre più al triste destino di orinatoio per cani. In quello che è il quartiere, per giunta con più aree cani di Firenze.