Ieri mattina la zona di Cintoia, Argingrosso e Mantignano sono state ammorbate da un odore mefitico che si sentiva fino dall’Isolotto. La causa pare essere una valvola che si era rotta agli impianti di produzione della Silo. I miasmi che ancora una volta hanno appuzzato il quartiere, hanno scatenato proteste, e segnalazioni all’Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale.
A un anno dall’incendio che la devastò e le cui esalazioni nauseabonde pervasero per giorni l’aria isolottina, quella che popolarmente nel quartiere è conosciuta come la “Fabbrica degli ossi”, torna a far parlare di sé per una non facile convivenza con il rione. E non solo l’aria: a pochi giorni dall’incendio, ci fu anche un’improvvisa moria di pesci in Greve e altre conseguenze ambientali su cui piovvero interrogazioni bipartisan in Comune.
Non è la prima volta che tali maleodoranze pervadono l’aria isolottina, testimoniano molti residenti e fatti di cronaca degli ultimi quindici anni, che ripercorremo in un articolo a pochi giorni dal rogo e in una lettera pervenutaci da dei lettori. Un paradosso, essere contestata sull’impatto ambientale per un’azienda che è un eccellenza italiana nella produzione di biocombustibili e prodotti zootecnici ecologici.
Sulla questione dà battaglia il presidente di Quartiere Mirko Dormentoni, che ieri ha annunciato in un post su Facebook l’ennesima richiesta di intervento ad Arpat:
Situazione emissioni odorigene insostenibili stamani (fabbrica Silo, via di San Bartolo a Cintoia), la puzza si sentiva in buona parte del quartiere e anche di là d’Arno. Ci comunicano un intervento di riparazione in corso da parte dell’azienda che ha fermato le attività, ma questi casi eccezionali stanno diventando non del tutto eccezionali, e soprattutto anche gli “impatti normali” su Mantignano e San Bartolo vanno eliminati, le numerose e frequenti segnalazioni sul “puzzo forte” degli ultimi mesi ne dimostrano la non sostenibilità. Prendiamo atto della risposta e dell’impegno dell’azienda, ma chiediamo verifiche e interventi urgenti ad Arpat e Regione Toscana. Così non possiamo e non vogliamo andare avanti.
Accorso sul luogo, il presidente, commenta in una diretta Facebook, commenta che, per quanto l’azienda abbia comunicato che si tratti di una situazione eccezionale di una rottura in corso di riparazione, bisogna intervenire al più presto anche nella quotidianità:
La situazione di oggi sicuramente è stata eccezionale per la quantità e la “qualità” del puzzo, ma questo (l’essere solo un evento eccezionale, ndr) non ci accontenta affatto, perché anche nella normalità c’è una situazione impattante di quello che credo si possa chiamare assolutamente inquinamento olfattivo, che non è sostenibile. Quindi noi chiediamo che siano presi provvedimenti, lo chiediamo ad Arpat, che è l’autorità preposta ai controlli, lo chiediamo alla Regione Toscana, che è l’autorità che emette le autorizzazioni ambientali integrate per le attività produttive. Sappiamo che sono al lavoro su questo, ma va fatto in fretta. Non vogliamo mettere i bastoni tra le ruote a un’azienda che ci risulta essere di economia circolare, che produce nel riutilizzo di oli esausti, che produce additivi che evitano gli antibiotici nei mangimi, che contribuisce a produrre biocombustibile, che impiega alcune decine di lavoratori direttamente e poi con l’indotto; ma questa situazione per noi è insostenibile, quindi prendiamo atto della risposta dell’azienda che ci dice che oltre a questo cambio della valvola rotta, ha in programma nei prossimi due mesi una serie di interventi puntuali che elimineranno tutto il problema delle emissioni odorigene impattanti. Ma non ci accontentiamo e con il Comune metteremo su un gruppo di controllo di cittadini che ora per ora e giorno per giorno monitoreranno la situazione e soprattutto continuiamo a chiedere ad Arpat e Regione di fare tutte le verifiche oggettive necessarie in loco e intervenire affinché sia risolta questa situazione perché così i rioni di questa zona non vogliono e non possono andare avanti